Parto da una riflessione di Nietzsche, a me cara: "Tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali, chi sente diversamente, va da sè al manicomio"..e mi chiedo: se l'essere conformisti al giorno d'oggi, sia una scelta o una necessità.
Fin da piccoli, si è considerati normali, se siamo come gli altri.Veniamo battezzati, perchè così vuole la nostra tradizione religiosa, poi strada facendo, prendiamo i sacramenti, anche se nessuno in casa ci ha mai parlato di Dio, per non sentirci, di nuovo, diversi dagli altri.
Così, a partire dai bambini con cui giochiamo da piccoli, ai compagni di scuola, agli amici, ai colleghi di lavoro, abbiamo imparato che essere conformi, paga di più in termini di riconoscimento, piuttosto che essere sè stessi, o addirittura creativi.Se poi ci capita di non essere conformi, ci sarà sempre qualcuno che ci riporta "sulla retta via", che ci consiglierà come comportarci al meglio, in modo che gli altri non pensino di noi che..
Certo, al potere, come dice giustamente Nietzsche, interessa sicuramente, una società conformista, che è di gran lunga più gestibile e governabile, anzichè una società, che magari per effetto della cultura,delle conoscenze acquisite, del pensiero, ragiona e magari sceglie, diventando così, anche critica.
Anche al mercato, penso, interessi eclusivamente, che le regole non vengano trasgredite, pena l'emarginazione economica e magari sociale.
Mi sorge spontanea una riflessione: "Ma i fini della società e dell'economia, sono anche i nostri?" O sono solo il riflesso di una persuasione indotta da altri, a cui ci stiamo terribilmente adeguando?
Come e cosa può fare, chi scrive, per aiutare a riflettere il lettore, a non decadere quindi, nel conformismo assoluto?
Laura (Fenix)
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