Buondì. Ho di recente pubblicato qui sul blog Amiche scrittrici la
recensione di “Diario di bordo”, libro scritto da Cinzia Viglietti a cui ho
posto alcune domande inerenti al suo libro e alla sua esperienza con la terapia
transgenerazionale. Di seguito potrete leggere le interessanti risposte.
In questa sede anticipo che una
copia del libro “Diario di bordo”, gentilmente offerta dall’autrice, sarà a
giorni disponibile per un giveaway qui
sul nostro blog.
QUI la recensione
By Lisa
INTERVISTA:
1) Diario di bordo è una guida adatta a tutti, ma che nasce dalla tua
esperienza sulla terapia transgenerazionale.
Come e quando hai intrapreso la strada della terapia transgenerazionale?
Vorrei darti la risposta che mi
viene di getto: l’ho chiesta e mi è arrivato! Credo che però in questo modo
molte persone mi assocerebbero alla corrente new age estremista. Allora cerco
brevemente di raccontare come ci sono arrivata. Innanzitutto la mia passione
per la psicologia è nata con me, non ricordo un età in cui ho incominciato ad
interessarmene, ricordo solo che da sempre ho letto e mi sono documentata in
merito. Poi per problemi di salute mi sono trovata a trascorrere un periodo in
ospedale in un reparto dove la maggior parte dei pazienti aveva sclerosi
multipla, fibromialgia o sindromi che colpivano muscoli o nervi. Chiacchierando
con le compagne di sventura o scoperto nei loro racconti alcune analogie. Era
il lontano 1998. Da questo è nato il mio interesse e una forma di idea sul
transgenerazionale, che ha preso forma solo molti anni dopo quando io per prima
ho lavorato su me stessa per migliorare la mia condizione fisica.
Ho avuto la fortuna di incontrare
un terapeuta molto particolare con il quale ho fatto le costellazioni familiari
e ho interrotto alcune eredità transgenerazionali. Con lui ho incominciato
anche il mio percorso di studi.
2) Avevi provato altre strade da percorrere? Se sì, quali? E in che modo ti
sono sembrate inefficaci rispetto alla transgenerazionale?
Sicuramente ho percorso altre
strade, ma non sono inefficaci, tutte le strade sono utili se ci permettono di
stare meglio, ci manca però sempre la comprensioni di alcuni meccanismi per cui
ricadiamo in determinati errori o si ripetono delle sventure, benché a noi
sembri di aver cambiato qualcosa. Attraverso il transgenerazionale abbiamo
anche modo di comprendere gli archetipi familiari in cui siamo e pertanto
possiamo migliorare il rapporto che abbiamo con le persone che ci circondano,
sia all’interno della famiglia, che nei rapporti di lavoro o con gli amici.
La meditazione ci aiuta a
rimandare un problema, ma lo lascia latente dentro di noi senza risolvere il
conflitto alla radice. La ripetizione di un mantra può migliorare alcune mappe
concettuali, ma a volte non è mirata per la mappa concettuale che stona in noi.
La legge di attrazione esiste, ma solo se ho ripulito le mappe concettuali. Ti
faccio alcuni esempi, ma ovviamente ne potrei fare molti altri, insomma tutto
quello che rappresenta un percorso può aiutarci a stare meglio, però dobbiamo
prima ripulirci perché sia veramente efficace.
3) Illustri con estrema chiarezza le reazioni tipiche di chi è oppresso,
scontento e a disagio. Reazioni che si riflettono inevitabilmente sugli altri,
soprattutto su chi vive più vicino. Poi con l’esempio base della stessa
situazione, dimostri come un comportamento diverso si rifletta non solo sugli
altri, ma riesce persino a cambiare, a volte in modo radicale, la situazione
stessa. Queste situazioni sono il frutto di esempi reali o le hai elaborate con
attenzione al solo scopo di rendere più chiaro l’argomento?
Hai mai notato che nella vita ci
sono persone che ascoltano e persone che parlano? Ebbene io sono dalla parte di
quelle che ascoltano e soprattutto nell’ultimo anno, dopo che ho fatto i corsi
su queste tecniche, le persone sentono la forza e mi si appoggiano sempre di
più. Ho raccolto semplicemente cambiamenti frutto del mio percorso e delle
persone che hanno fatto il corso con me. Poi ho visto le persone che
ascoltavano i miei consigli migliorare la loro vita. Non ho dovuto inventare
molto, ho usato pezzi di vita miei e delle persone che mi circondano o che
hanno fatto parte per un attimo della mia vita.
4) Ci sono casi che non hanno risposto adeguatamente alla terapia?
Normalmente chi non è pronto
abbandona dopo la prima volta. Sono pochi, risolvono il primo problema, un
dolore o uno stato d’animo e poi evitano di andare oltre… ma è giusto così,
sono cose che si devono affrontare solo se si è pronti a farlo. Il fattore
positivo è che puoi non fare molto ma sicuramente non puoi fare male, pertanto
il vantaggio è questo, non si rischia di fare male a nessuno!
5) Quando hai scritto Diario di bordo, che tipo di reazione da parte del
lettore hai immaginato?
Io credo che “Diario di bordo”
sia solo un libro di partenza e non di arrivo. Volevo solo che il lettore si
fermasse e alzasse la testa, imparasse a lasciarsi stare e a vedere un po’ le
cose belle della propria vita. Molti argomenti infatti sono solo sfiorati, come
il simbolismo dei sintomi, ma non volevo assolutamente che diventasse un
trattato. Volevo solo scuotere emotivamente il lettore e spingerlo a
comprendere un po’ di più i meccanismi limitativi della propria vita.
6)
Ho trovato molto interessante, quasi
illuminante, la prima parte del libro e il modo in cui tratti l’attacco di
panico dai tempi preistorici a quelli odierni. Nella preistoria, il
protagonista “ascolta” il suo attacco di panico e addirittura lo usa per
salvarsi. Nel tempo attuale invece lo sopprime come può, aiutandosi spesso con
psicofarmaci. Pensi che il progresso abbia influito a ingigantire le nostre
fobie, i nostri punti deboli?
Credo che l’uso sfrenato della
razionalità ci privi della nostra capacità istintuale. Se pensiamo per un
attimo che riconosciamo il mondo per simboli che attivano archetipi prima
ancora di passare nel nostro cervello razionale, come possiamo pensare di
sacrificare tutto ciò in nome della razionalità. L’equilibrio assoluto dovrebbe
essere tra istinto, emozioni e razionalità. Infatti è lì che risiede il vero
messaggio all’universo che viene realizzato!
7)
Il cambiamento inizia da noi. Lo
ripeti nel tuo libro e per molti è una verità sconcertante. Per altri è
semplicemente un’assurdità. Si tende a difendere il proprio stato, rifiutando
il cambiamento. Pensi che il non voler cambiare sia una forma di insicurezza o
di presunzione?
Innanzitutto il nostro cervello,
come spiego nel libro, teme il cambiamento perché la novità lo spaventa. Poi
purtroppo siamo educati alla causa /effetto Errore/punizione, pertanto diventa
difficile accollarci le colpe di qualcosa. Poi subentra l’orgoglio. Ma
soprattutto incide moltissimo il fatto che siamo così focalizzati su tutti i
torti che subiamo e siamo così pieni di rabbia, che siamo cechi verso ogni
altra strada che non sia quella di alimentare rabbia e ripassare mentalmente le
recriminazioni.
La difficoltà maggiore è proprio
interrompere questo meccanismo, poi il cambiamento è possibile e si alimenta da
solo dai risultati che otteniamo e dalla serenità che incontriamo!
8)
Se una persona refrattaria al proprio
cambiamento ti chiedesse un buon motivo per acquistare il tuo libro, che cosa
risponderesti?
Le persone refrattarie al
cambiamento lo sono soprattutto razionalmente ed è per questo motivo che io ho
puntato molto sulle situazioni, perché bypasso la razionalità è raggiungo il
lettore su un piano simbolico ed emotivo. E’ questo il motivo per cui lo stanno
leggendo tutti senza rifiutarlo. Se avessi solo spiegato dei meccanismi e degli
atteggiamenti, tutte le persone scettiche lo avrebbero rifiutato a priori.
Siccome è impossibile non riconoscersi almeno in qualche situazione e non
percepire il cambio di prospettiva a livello inconscio ancor prima che a
livello razionale, non c’è persona refrattaria verso la possibilità di stare
meglio.
Non resta che augurarti in
bocca al lupo per “Diario di bordo” e grazie per la disponibilità.
Grazie a te e buon cambio di
prospettiva a chi deciderà di leggere il mio libro!