23 giugno, 2015

OGNI GIORNO COME FOSSI BAMBINA - MONICA TILLI


Il romanzo inizia con una breve presentazione di Arianna, una giovane ragazza del nord Italia che ora vive a Roma, fa la cameriera e a quanto pare ha raggiunto un certo equilibrio. La notizia della morte dell'anziana signora Argentina destabilizzerà Arianna che cerca di raggiungere presto il paese d'origine della donna per le esequie.
Inizia così la storia di Argentina e capiamo come le due protagoniste vengano a conoscersi.

Il titolo è dovuto alle condizioni di Argentina poiché, ogni giorno, ella è costretta a mettere a fuoco persone e situazioni per ritrovarsi dal passato al presente che vive. A causa di queste problematiche, Argentina ha bisogno di assistenza per piccole cose almeno e così, dopo aver rotto con la badante dell'est, la figlia di Argentina assume Arianna, la giovane ed apparentemente svogliata figlia di una sua dipendente.

Arianna è di fatto una ragazza problematica, infelice, schiava della sua bulimia e pertanto convinta di essere indegna di affetto e rispetto a causa del suo peso, soprattutto agli occhi della propria madre con cui ha chiaramente un rapporto conflittuale.

Nella prima parte del romanzo c'è un parallelo tra le due protagoniste e così scopriamo che Arianna è una blogger amante della lettura mentre Argentina nasconde un segreto racchiuso in delle lettere gelosamente custodite. Entrambe vivono nel loro mondo e faticano ad entrare in contatto tra loro per un motivo o l'altro.

A seguito di una esperienza traumatica, Arianna tira fuori la grinta, esce dal suo torpore e si decide a fare qualcosa di concreto per Argentina ovvero esaudire la sua richiesta di riportarla al paese natio, in Basilicata.

Inizia così la seconda parte del romanzo, quella dedicata al viaggio e quindi caratterizzata da un ritmo narrativo più veloce e nel complesso vivace.

Durante il viaggio Arianna ed Argentina fanno tappa a Roma, sia per riposare un po' che per incontrare gli amici virtuali della prima, Seba e Jewel. Saranno questi amici ad accompagnare le due protagoniste fino in Basilicata anche se, non senza difficoltà di varia natura.

All'arrivo in Basilicata ci saranno diverse sorprese ad attendere sia Arianna che Argentina e qualche sorpresa viene lasciata anche per il finale.

Infine, troviamo un'interessante intervista all'autrice che ci spiega il perché di alcune sue scelte attinenti al romanzo.

Devo dire che all'inizio ho faticato un po' a leggere il romanzo perché entrambe le storie delle due protagoniste non erano semplici e magari avevo bisogno di più leggerezza in quel momento ma, ho divorato quasi tutto il resto del libro in pochissimo tempo perché ormai mi aveva appassionata proprio la loro storia.

Mi son sentita vicina ad Arianna per tante cose anche se ormai ho passato l'adolescenza da un po', mi ha ricordato un po' me stessa allora, così come Argentina mi ha ricordato la mia bisnonna e tutti i racconti che le estorcevo con le mie infinite domande di bimba curiosa.

Un libro che affronta diversi temi e sentimenti, probabilmente più caro alle donne ma di tutte le età visto che abbraccia problematiche svariate.

15 giugno, 2015

UN PIZZICO DI...

Non bevo caffè, a volte azzardo un ginseng e così mi sono incuriosita riguardo a questa pianta che ormai spopola dalle nostre parti.



Il termine ginseng designa numerose specie appartenenti alla famiglia delle Araliaceae. Nella medicina cinese la droga ricavata da queste piante, costituita dalle radici, ha alle spalle una tradizione millenaria, fatta dei più svariati impieghi. Il nome ginseng deriva dalla parola cinese "rensheng" che significa uomo, scelta con tutta probabilità per sottolineare la struttura antropomorfa della radice.
Considerato un rimedio quasi universale, il ginseng veniva usato soprattutto contro l'invecchiamento, i disturbi gastrointestinali e come preparato rivitalizzante.

La straordinaria fama di droga-panacea ed il fascino misterioso della sua origine orientale hanno contribuito a decretarne il successo nei nostri mercati. Inizialmente spinti dalla loro presunta abilità nel risvegliare desideri assopiti, gli estratti di ginseng sono ormai presenti in numerosi complementi alimentari, in gran parte destinati a persone convalescenti, sportivi ed anziani. Non è quindi un caso che il ginseng sia considerato il prodotto erboristico più utilizzato al mondo.

Le virtù del ginseng sono attribuibili a diversi componenti presenti nelle sue radici. Oltre ad un buon contenuto in vitamine, olio essenziale e polisaccaridi va segnalata la presenza di ginsenosidi, i princìpi attivi della droga.
Si sono susseguiti numerosi studi per indagarne le reali proprietà curative e sono emersi elementi che hanno proposto l'utilizzo di ginseng nel trattamento di diverse condizioni, come diabete di tipo II, insonnia, gastrite, ipotensione, stati di stress ed affaticamento. Agli estratti di ginseng sono stati attribuiti anche effetti antiossidanti, antipiretici, ipocolesterolemizzanti, probiotici, radioprotettivi, anticancerogeni ed antinfiammatori.

Molti di questi effetti, dimostrati solamente sugli animali, sono ancora in attesa di conferme scientifiche; inoltre, la qualità e la neutralità degli studi condotti nei Paesi dell'est asiatico è stata messa in discussione. Un altro problema deriva dagli enormi interessi economici che ruotano intorno a questa pianta e che spingono per il riconoscimento delle sue presunte proprietà terapeutiche. Tutto ciò spiega come mai in proposito esistano opinioni differenti, che vanno dall'eccesso di entusiasmo all'esagerato scetticismo.

Voi ne assumete in qualche modo? Nel caso affermativo, per piacere o per scopi curativi?


01 giugno, 2015

CAMBIARE ROTTA




L’editoriale di questo mese si ispira ad una storia vera, la storia di una mia amica e dei problemi che ha vissuto con il figlio in una fase critica, come può esserlo l’adolescenza. Una storia che lascia sulla pelle la salsedine e nelle narici l’odore del mare. Non un mare qualunque, ma il mare della vita.

Difficile non notare quanto questa storia vera, sia in realtà una storia comune, la storia di un ragazzo che, complice un’amicizia (o forse dovrei dire una frequentazione) sbagliata, ad un certo punto, nonostante sia sempre stato molto seguito dai suoi genitori,  perde la bussola tra le onde di un mare in tempesta ed inizia ad andare alla deriva in acque sconosciute e ricche di insidie.

Può accadere a chiunque. Anche nelle famiglie “migliori”. Inutile negarlo.

Per circa due anni, questo ragazzo si è visto impegnato, suo malgrado, in una lotta dove identificava i suoi genitori come  avversari. Avversari il cui unico intento era salvarlo, tirarlo fuori da quel mare che si faceva sempre più tempestoso. Due anni in cui nessuna delle due parti si è arresa e lui si lasciava trascinare da chi credeva amico. Ed ovviamente amico non era. E neanche alleato.

E cosa possono fare due genitori che vogliono salvare un figlio a tutti i costi? Prendere forse la decisione più difficile e per qualcuno più dura: gettarlo nel mondo, lontano da loro, lontano da quel falso amico che stava dirottando tutta la nave.

L’unica alternativa più immediata è stato imbarcarlo su navi mercantili, dove la forza lavoro è sempre ricercata, non sempre pagata e dove non tutti sono disposti ad offrirla. Perché lavorare su una nave per mesi, sembra restringere il mondo a qualche centinaio di metri quadri di ferro. I genitori lo avrebbero fatto imbarcare anche a costo di dover loro pagare la compagnia (testuali parole della mia amica), ma per fortuna non è stato necessario arrivare a tanto. Dopo due anni, erano intenzionati più che mai a tentare il tutto per tutto per amore di quel figlio.

Tempo  qualche settimana di distanze enormi e di silenzi, qualcosa accade. Il ragazzo, prese le distanze da tutto e da tutti, si rende forse conto di essere parte del mondo, seppure in uno spazio ristretto. Affronta onde anomale con relativi danni, costeggia Paesi dove è un rischio scendere a terra, si inoltra nel non sempre facile cammino dei rapporti umani. E’ un mondo ben diverso dal porto da cui è partito. Un mondo che offre gioie e dolori e la possibilità di rendere tutto un’esperienza di crescita e non una spiaggia in cui arenarsi. Inizia quindi a correggere la sua rotta e la prima persona con cui riprende i contatti è sua madre. La stessa madre alla quale  dice che non deve preoccuparsi per lui perché tutti i loro “combattimenti” gli sono serviti.

Mentre ascolto questa storia che qui descrivo restando il più possibile nel vago, mi rendo conto di quanto sia difficile essere genitori, di quanto tutti possono mettere potenzialmente al mondo dei figli e questo non basterà a renderli genitori veri. Mi travolge come uno tsunami, per restare in tema, la dimostrazione d’amore più grande che è crescere i figli con immenso amore ben dosata a  doverosa fermezza. Perché un figlio non si perde quando lo si mette in condizioni di lasciare la propria casa, lo si perde quando gli si consente di “non crescere”.

Forse tutti abbiamo attraversato un momento in cui voler restare un po’ bambini. Ma il mare della vita riserverà per tutti onde sempre più alte da affrontare. E per affrontarle è necessario crescere come quelle onde, fino a cavalcarle.

Ciò che questa storia mi insegna e conferma è che correggere la rotta si può. Per qualcuno basta volerlo, per altri è necessario un brusco risveglio, spesso frutto di un grande atto di coraggio.

Ora il ragazzo è un giovane uomo nel bel mezzo del mare della vita. Solca i mari su navi comandate da altri, ma chissà? Un giorno forse anche lui comanderà una nave. La nave che è la vita e di cui sarà pronto a prendere i comandi per raggiungere nuovi porti. Un po’ sarà stato merito suo, un po’ merito di genitori che non lo hanno abbandonato. Mai.

A lui e a tutti coloro che avranno il coraggio di cambiare/correggere la rotta, auguro buona fortuna… Anzi, no!  Buon vento!

By Lisa
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