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06 novembre, 2015

LE GAZZE LADRE di Ken Follett



Reims, maggio 1944. Un gruppo di partigiani tenta l'assalto al castello di Sainte-Cécile, centro nevralgico dei collegamenti tra le forze di occupazione tedesche. L'attacco viene respinto ma il cinico maggiore Dieter Frank si rende conto di trovarsi di fronte avversari pronti a tutto. Tra loro c'è una donna, l'agente dello spionaggio inglese Flick Clairet. Soprannominata "Pantera", Flick unisce al fisico minuto e sensuale una determinazione e un'audacia fuori dal comune. Di lì a poco metterà a punto una squadra composta di sole donne per portare a termine la missione fallita. Tra Flick e Dieter ha inizio un duello senza esclusione di colpi, fatto di agguati, inseguimenti, sfide sul filo dell'astuzia e dell'esperienza, fino allo scontro ultimo e risolutivo.
 
Un romanzo storico ed avvincente, una trama ben intrecciata che si ispira a personaggi e situazioni reali, ma di cui poco si veniva a conoscenza a quei tempi.
Il tutto si svolge in una manciata di giorni prima della fatidica data dello sbarco in Normandia che in tutto il romanzo incombe come un'ombra da un lato temuta e dall'altro spasmodicamente attesa. Una data che restò segreta per la maggior parte di coloro che si adoperarono a spianare la strada affinché avvenisse e che, infatti, in tutto il libro non viene mai rivelata, benché oggi sia fin troppa nota.
Ottime le descrizioni dei luoghi e dei costumi dell'epoca. Fin troppo chiare quelle dei metodi di tortura utilizzati dai tedeschi.
Follett riesce a far calar il lettore sia nel ruolo di Flick che di Dieter, i due veri protagonisti del libro, seppur appartenenti a schieramenti opposti.
Interessante il modo in cui delinea  con molta cura ed altrettanta semplicità i ruoli protagonisti di ogni guerra e che solo con tale scenario possono emergere del tutto in ognuno di noi, ovvero quello di vittima e di carnefice.
 
Buona lettura
by Lisa
 
 

04 ottobre, 2012

recensione IL CANTO DELLE PAROLE PERDUTE - ANDRES PASCUAL

Una storia che attraversa settant'anni tra Giappone e Europa. In parallelo, alternando i capitoli, vengono narrate le storie di Junko e Kazuo durante la seconda guerra mondiale e di Emilian e Mei ai tempi nostri .
Junko e Kazuo sono due tredicenni compagni di scuola che amano incontrarsi su una collina fuori città per parlare e osservare un campo di prigionia per stranieri, lui è biondo perchè di origine olandese mentre lei è una bellissima giapponese. Junko instaura un gioco dando a Kazuo dei piccoli haiku, poesie brevi ed intense e a conclusione del gioco intende baciarlo, ma questo non avverrà perchè vivono a Nagasaki e lì verrà sganciata la seconda bomba atomica.
Di contro Emilian è un architetto che si occupa di ambiente e sostiene il nucleare, in crisi per un progetto si imbatte per caso in Mei, giovane gallerista giapponese che gli chiede aiuto per cercare una persona in Europa.
Non voglio svelarvi altro della trama perchè è tutta da scoprire, pagina dopo pagina.
Il romanzo fa molto pensare alla questione del nucleare, a come è stato male impiegato durante la seconda guerra mondiale, a come è stato usato per produrre energia, ai tristemente noti disastri avvenuti, come Cernobyl e di recente Fukushima. In un mondo che continua a richiedere più energie di quante produce, dove il petrolio è in esaurimento e si cercano strade alternative ci si interroga se sia giusto o meno investire sul nucleare con i rischi che comporta analizzando le cose sotto diverse prospettive ovvero chi ne ha vissuto gli effetti nefasti e chi vi ha investito carriera e beni.
E', però prima di tutto una storia d'amore, sia passionale che platonico, sia maturo che giovanile, è l'amore, infatti, a guidare le scelte dei vari protagonisti e a dar loro la speranza quando tutto è o sembra perduto.
L'ho trovato malinconico, delicato, riflessivo, a mio parere riesce a catturare il lettore intimamente ed a trascinarlo nel Giappone di oggi ma soprattutto di ieri, a fargli vivere le storie dei protagonisti e a tenerlo col fiato sospeso fino alla fine in un climax crescente di emozioni.
Lettura molto scorrevole per quanto gli argomenti trattati risultino spesso delicati e intimisti e linguaggio semplice e diretto nonostante qualche nozione di natura tecnica.

14 marzo, 2012

IL LIBRAIO DI KABUL di Asne Seierstad


Trama:
Asne Seierstad, corrispondente di guerra, incontra a Kabul nel novembre del 2001 Sultan Khan, un libraio che si è arricchito con la compravendita di libri di ogni tipo, un uomo che ha difeso la cultura anche durante il regime talebano. Colpita da lui e dalla sua famiglia, mediamente istruita, gli propone di scrivere un libro sulla famiglia Khan e lui accetta onorato. Nel febbraio del 2002 Asne si trasferisce a casa Khan, vivendo con e come ogni membro della famiglia. Per mesi, riceve un'ospitalità impeccabile e in quanto donna occidentale le è permesso intervistare e seguire ogni membro della famiglia, uomini e donne. Tutto ciò che si legge nel libro è verità, nessuna finzione, fatta eccezione per i nomi che ha cambiato per tutelare la loro privacy.

Leggo sulla copertina la parola "romanzo", ma a fine lettura mi rendo conto che è solo una classificazione.
Pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, IL LIBRAIO DI KABUL si discosta sempre più dall'idea di romanzo e si rivela per ciò che è veramente: un dettagliato reportage, un documentario sulla vita di una famiglia "agiata" di Kabul.
Sullo sfondo delle pagine, scorrono abilmente descritte a parole, le immagini di un Afghanistan torturato da diversi regimi, sia esterni che interni, di cui restano ben visibili le cicatrici.
Non murales imbrattano le pareti di case e edifici, ma "disegni" astratti lasciati dai fori di proiettili sparati a raffica. Non giardini lungo le strade e nei cortili, ma macerie.
E' un paese la cui voce è continuamente zittita e la sua anima è deturpata incessantemente.
E' un paese dove provare sentimenti è proibito.
Un paese che sembra rispecchiare in tutto e per tutto la condizione della donna.
Nel tentativo di illustrare come la donna sia considerata un oggetto dall'uomo, l'autrice fa emergere un'altra sconcertante realtà.
Ad un'attenta lettura si può finalmente capire che non è solo l'uomo il nemico della donna, ma la donna stessa.
Donne che continuano ad indossare il burka anche dopo la disfatta dei Talebani, nonostante non sia più obbligatorio.
Madri che ordinano ai figli maschi di riportare l'onore in famiglia uccidendo personalmente la loro sorella (e quindi figlia) accusata di adulterio con un amante mai trovato.
E ancora madri che educano le figlie all'obbedienza e alla sottomissione, rendendole schiave non solo degli uomini, ma anche delle loro stesse decisioni, perché le madri decidono chi devono sposare e quando.
E soprattutto a che prezzo: l'autrice descrive con attenzione le contrattazioni matrimoniali.
Sorelle maggiori infelici che spingono le minori a seguire i propri passi, discostandole da ogni idea di amore o scelta migliore, forse perché disilluse o forse perché se è toccato così a loro è giusto che capiti lo stesso ad altre. A tutte le altre.
Particolarmente interessante il capitolo "Ondeggiante, frusciante, avvolgente" in cui l'autrice descrive il burka (che ha sperimentato personalmente) non come oggetto, ma come una persona.
A libro terminato, resta il sapore della terra arida, l'odore della polvere da sparo mista a spezie, il suono della musica locale e delle voci cantilenanti, la ruvidità della pelle che conosce poco l'acqua perché un lusso e l'immagine di un Afghanistan che difficilmente riuscirà a riprendersi se continua a restare ancorato all'ignoranza e all'obbligo "morale" di proibire l'amore sotto ogni forma.
Perché in Afghanistan è troppo facile incontrare giovani che tutto sanno di come si maneggia un'arma e ignorano come si usa un cellulare.
Una lettura che vi farà "vivere" in Afghanistan fino all'ultima pagina.

by Lisa

09 giugno, 2011

La fine delle buone maniere di Marciano Francesca


 LA FINE DELLE BUONE MANIERE
 di Marciano Francesca



Maria ed Imo, due donne occidentali totalmente agli opposti, partono insieme per l'Afganistan con una missione: fotografare le donne orientali che si ribellano ai matrimoni combinati. Maria riprende la sua vecchia professione di fotoreporter di prima linea che aveva lasciato perche' stava vivendo un momento "no", Imo invece e' una reporter "d'assalto", multilingue e non ha paura di niente e di nessuno. Giunte a destinazione incontrano Hanif che fara' loro da guida e con il suo modo garbato e gentile ed il suo fare silenzioso e discreto le guidera' negli angoli piu' nascosti e bui di Kabul. Maria riesce a puntare finalmente l'obiettivo davanti alla sua tanto cercata foto sensazionale ma si trovera' davanti ad una scelta etica molto profonda e umana. Conoscera' mondo e culture diverse dall'Occidente e il profondo abisso che divide culture e rapporti umani diversi tra loro.

Nonostante il rovesciamento del regime, nonostante i bombardamenti, nonostante l'arrivo degli americani e degli europei le donne afghane continuano a portare il velo, a coprirsi. E a morire, purtroppo nell'indifferenza generale.

Ho letto diversi libri sull'Afghanistan e questo è molto convincente. Scorrevole, piacevole ed anche il finale e' denso di vera umanita' e sentimento.

Alla fine il buon senso vince su tutto.......anche sulla guerra, sulle dittature e sull'arroganza.
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