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01 febbraio, 2017

L'AMORE E'...


Se si decide di scrivere un editoriale nel mese in cui si festeggia l’amore, non si può farlo che in un modo: raccontando una storia d’amore.

Attenzione: questa non è la solita storia d’amore fatta di scambi di frasi romantiche, cuoricini e cioccolatini, tanto d’obbligo il giorno di San Valentino. 

Questa è una storia fatta di pensieri che diventano gesti di amore. Gesti concreti. Azioni, fatti.  Non semplici parole.

Perché l’amore non si dice. L’amore si fa.

Tutto nasce da un appello sul profilo  Facebook di Giuseppe Piras:  

Voglio organizzare una spedizione con tutte le persone, miei amici su FB per andare dai terremotati che stanno vivendo in cattive condizioni, contattatemi e organizziamoci per andare una carovana di noi in Abruzzo e doniamo loro l'impossibile, hanno bisogno di Noi, tanto lo stato non gli è vicino come dovrebbe, chi vuole venire mi contatti in pvt. Grazie.

E’ il 20 gennaio. In soli 6 giorni dall’appello, le parole, i pensieri, le intenzioni d’amore si trasformano in fatti e pubblica un ringraziamento per tutte le risposte ricevute. Perché se l’amore chiama, l’amore risponde e l’intenzione si trasforma in una “Missione compiuta” grazie alla collaborazione di tantissimi cuori. Quelli veri, non quelli morbidi che si usano come cuscino.
 

Il 26 gennaio a Penne, in Abbruzzo, arriva un’autentica consegna d’amore :  da chi ha collaborato fisicamente, a chi ha messo a disposizione ciò che ha o anche la stessa merce con cui lavora quotidianamente, il risultato è stato sicuramente qualcosa che va oltre il semplice aiuto.
 

Un furgone per il trasporto messo a disposizione gratuitamente da chi li noleggia, soldi per comprare buoni benzina per i generatori, tutto l’occorrente per combattere il freddo, 5000 thermo therapy, cerotti che trasmettono calore, shampoo, phon e detergenti necessari per l’igiene, generi alimentari. Sono solo alcuni esempi di ciò che è stato portato direttamente sul luogo, a disposizione dei terremotati e senza perdere tempo.
 

Perché la burocrazia di tempo ne fa perdere tanto, troppo per chi è rimasto senza niente.
 

Sì, lo so, forse in molti avrebbero preferito la classica storia romantica da leggere, ma io ho preferito raccontare una storia di immenso Amore.

Buon San Valentino a tutti.

By Lisa


Per eventuali verifiche e per saperne di più, basta un clic:
https://www.facebook.com/giuseppe.piras.790?fref=ts

 

01 dicembre, 2016

GENERAZIONI DI ISOLATI


 

Li vedi avanzare senza esitazione, come pronti a sfondare un muro. Poco importa se il muro sei tu che arrivi in direzione contraria. Loro non ti guardano. Non possono più farlo.

Li vedi seduti ed in piedi nei mezzi pubblici. Anche quando sono affollati, loro stanno rintanati nel loro piccolo spazio, senza lamentarsi, scomporsi. Il loro gesto è continuo. Non importa dove e quando. L’importante è ripeterlo. Non possono smettere di farlo. Non ci riescono.

Li vedi fermi in attesa, con il senso del tempo che sfugge loro via. Non guardano più l’orologio sul polso per sapere che ora è. Guardano via internet un’ora che non ha più lo stesso senso dello scandire il tempo. Forse non sanno neanche più cosa sia un time out.

Li vedi muovere le dita in un movimento continuo. Forse giocano, forse navigano in rete, forse sono su qualche network. Ogni loro azione viene compiuta con le dita. Anche un dialogo perde l’uso della parola e predilige la scrittura digitale. Si stanno lasciando portar via la voglia di parlare. Non sanno opporsi. Tra un po’ non sapranno neanche più cosa significhi realmente “opporre resistenza” e dire un “no!”.

Li vedi sedersi a tavola con il loro piccolo mondo frutto del progresso. A stento si accorgono di cosa mangiano. La loro attenzione è completamente catturata altrove, in un mondo in cui tutto è facile, basta scaricare un’app. Forse anche per riattivare il senso del gusto necessitano di un’applicazione… ehm… chiedo venia, di un’app.

Li vedi sempre più assenti. Per trovarli devi cercarli in un mondo virtuale, dove il senso del reale diventa sempre meno rilevante. Anche la loro personalità diventa virtuale. Un giorno li si potranno spegnere ed accendere come un tablet. A comando. E chi premerà quel tasto sarà fiero del lavoro compiuto, perché saprà di esser riuscito a creare una generazione di automi incapaci di relazionarsi, opporsi, protestare, scegliere, cercare, scoprire e, soprattutto, essere veramente se stessi.

Una generazione di isolati, resi inabili a vivere la vita, quella reale, dove quando cammini guardi dove metti i piedi, le vetrine, i volti delle persone, ascolti le parole, i toni, decidi da solo ciò che ti piace o meno e se dire sì o no.

Una vita dove la lamentela per qualcosa che non va si trasforma in protesta e poi in conquista.

Una vita dove osservi le lancette dell’orologio che scandiscono un ritmo, il ritmo del proprio tempo.

Una vita dove chi vuole detenere il controllo trova fiera resistenza e fa abbassare la testa a chi vuole dirci come vivere.

Una vita che ha gusto e ne riesci a sentire gli infiniti sapori, dal dolce all’amaro.

Una vita in cui scopri ciò che si sta perdendo: la meraviglia di staccarsi da una “macchina” per avere a che fare con persone vere, reali, che si possono toccare e guardare negli occhi.

Forse un giorno qualcuno di loro leggerà qualcosa di simile dal proprio dispositivo chiedendosi se esiste davvero questa vita reale. Forse quel giorno… li vedrai finalmente alzare la testa e guardare il mondo con lo stupore di un bambino.

Buone feste a tutti

By Lisa

 


01 aprile, 2016

IL TEMPO DEL TERRORE


Benché il terrorismo esista da tempi immemori, dall’11 settembre 2001 qualcosa nel mondo è cambiato. Forse il terrore stesso che ha steso la sua ombra allargandosi a dismisura sul pianeta.

Il motivo ufficiale è un Islam che vuole imporre la propria religione sul mondo intero, in particolare su noi “infedeli” occidentali.

Io non ci credo. Non si allevano bambini per farli diventare uomini bomba, per colpire a tradimento chi non se l’aspetta, in nome di Dio. Che Dio sarebbe?

Il mio profondo rispetto per ogni religione differente dalla mia, mi suggerisce di non prendere per buona questa versione. Chi inneggia alla distruzione non può farlo in nome di nessun Dio, quale sia il modo in cui lo chiama. Può farlo solo per desiderio di conquista e potere, due obiettivi non divini, ma umani e così effimeri che possono essere persi in breve tempo o anche in un istante.

Due mete talmente ambite che per averle e trattenerle il più possibile si farebbe di tutto, compreso il combattere in modo aperto, dichiarando una guerra, o in modo subdolo, con continui stratagemmi e attacchi improvvisi, non verso obiettivi strategici, ma verso vittime innocenti.

Perché diciamocela tutta: che sia guerra dichiarata o terrorismo, l’unico ideale che muove chi è disposto a ciò è la brama di potere. Il potere di prevalere sull’altro. Il potere di distruggere ciò che non si ha e che si vuole ad ogni costo.

Eppure, tra i due metodi discutibili, resta che la guerra dichiarata  consente di fare una scelta. La scelta di andarsene da quel luogo che sarà bombardato. La scelta di dirigersi verso terre che, seppur con diverse difficoltà, sono aperte all’accoglienza di chi scappa dai luoghi del terrore.

Il terrorismo no. Questa scelta non la concede. Agisce senza remore colpendo di proposito vittime innocenti che mai potrebbero difendersi. Agisce per seminare il terrore in un sistema che dicono di odiare e che tuttavia è lo stesso sistema che offre opportunità anche a loro e che vogliono conquistare per poi gestire a piacimento.

Ma del resto… come farebbero e controllare la loro stessa gente e il mondo se non con il terrore?

Questi terroristi che si professano islamici e che con le loro gesta offendono lo stesso Islam, hanno lo scopo di seminare il terrore per arrivare dove altri sono giunti: a comandare con un regime che sarebbe poi da dittatura. E per arrivare a ciò passano attraverso la strada, sempre subdola, dell’intolleranza. Perché il messaggio che danno al mondo è che tutto l’Islam è propenso al terrorismo e fa loro comodo che si guardi con sospetto e con odio verso la  propria gente.

La loro stessa gente che può essere nei posti dove decidono di colpire, decidendo di sacrificarli senza pietà. Perché così il terrore non si diffonde soltanto nell’occidente, ma affonda profondamente le radici laddove già c’è: i loro stessi popoli che hanno già sottomesso e che, sempre più di frequente, cercano un futuro diverso qui da noi.

Non li catalogherò né dell’ISIS né Talebani. Per me sono e resteranno solo terroristi vigliacchi. Perché colpire alle spalle persone innocenti è da vigliacchi. Ed ogni terrorista, quale sia la sua provenienza è un vigliacco!

Non accetterò quindi mai giustifiche ipocrite del tipo: loro ci restituiscono solo qualche bomba che l’occidente gli ha venduto. E ne ho sentite di frasi simili… “dalla nostra stessa gente”.

Non perché neghi questo passaggio (anche se non è solo l’occidente a detenere il primato del mercato di armi), ma per il semplice fatto che loro da sempre le acquistano. E’ una legge di mercato: la merce viene offerta  laddove c’è richiesta. Per quanto deplorevole, anche quello delle armi è un mercato e risponde a questa legge.

Loro le armi le comprano. I soldi per costruire case, scuole, ospedali e per sfamare il loro stesso popolo  non li hanno. I soldi per comprare armi di distruzione sì.

E con loro non mi riferisco agli islamici, ma ai terroristi che si definiscono islamici. Sia ben chiaro.

Dell’Islam invece vorrei riportare un articolo che, ritengo, parli da sé.

Buona lettura:

 


by Lisa

01 gennaio, 2016

L'ANNO CHE VERRA'


Ebbene, siamo all'inizio di un nuovo anno e le premesse nel mio caso sono migliori del solito: meno esami, meno chili, più uscite, nuove conoscenze.

Ogni volta si parla dei propositi per il nuovo anno ma, secondo voi, hanno davvero senso?

Solitamente è una lista di obiettivi più o meno possibili ma, a che scopo?

E se ci proponessimo di vivere senza troppi affanni nonostante i problemi e le avversità che più o meno tutti abbiamo? Personalmente, ho deciso di vivere questo nuovo anno così, con una sorta di sorriso speranzoso ma non troppo.

Alla fine è inutile fare troppi piani, credo ormai da tempo che bisogna vivere giorno per giorno magari con delle semplici visioni del futuro, avere dei piani ma flessibili.

Voi come la vedete? Come si prospetta il vostro 2016?

In ogni caso auguro a tutti serenità e prosperità, che i vostri desideri possano essere prima o poi esauditi.






01 dicembre, 2015

COLTIVIAMO LA FIDUCIA

EDITORIALE di Laura Marabelli

...C'è un profondo legame tra il tempo che è stato e quello che è.
Ed è il senso stesso che diamo al nostro percorso, a quello che siamo stati e che diveniamo ogni giorno...
Scrivevo così nell'editoriale del primo gennaio.
Oggi, nell'ultimo editoriale di quest'anno, voglio riprendere quel filo.
Sto cercando di sostituire la fiducia alla speranza.
Speranza e fiducia che spesso usiamo come sinonimi, ma che non lo sono affatto.
Chi spera non si fida affatto, ma si aspetta troppo e non sempre tutto si può controllare fino in fondo.
Chi confida, invece, accetta quello che è, lo vive e lo adatta, trasformandosi.
La fiducia è perseveranza.
Un ostinarsi, quasi, a ricercare una luce, districandosi ogni giorno nelle difficoltà che vediamo finalmente per quelle che sono.
Sperare, invece, è una continua lotta contro l'inevitabile, per poi magari ritrovarsi a disperare.
L'atteggiamento della fiducia appare inattivo, in realtà comporta invece una grande attività, ma di coscienza,  che va continuamente rinnovata.
Occorre coltivare la fiducia.
Ognuno ha il suo metodo, chi la meditazione, chi la preghiera, chi la riflessione, chi l'ascolto...
Mi piace la parola coltivare. 
Che non è più programmare, pianificare, ma dedicarsi, impegnarsi per veder crescere un'idea, un progetto, un'amicizia, un sentimento, qualcosa che ti motivi e in cui credi e coglierne ogni giorno i germogli.
Personalmente predico bene ma spesso razzolo malissimo, ma vale la pena di riprovare, sempre.



01 novembre, 2015

INDIGNAZIONE E SCONCERTO


 
Per l’editoriale di Novembre ho scelto di spendere qualche parola su alcuni casi di “ordinaria criminalità”.
Prendo i due fatti di cronaca più recenti, da una vasta scelta a cui potrei attingere: Il gioielliere di Ercolano ed il pensionato di Vaprio d’Adda.
Entrambi condividono lo stesso sopruso: sono stati scelti come vittime da ladri.
Entrambi condividono la stessa reazione: si sono difesi, a discapito della vita di due malviventi.

No, non ho detto a discapito della vita di due vittime, ma proprio di due malviventi.

Persone che del crimine avevano fatto il loro “mestiere” e che, a suo tempo, avevano scelto una strada che sapevano fin troppo bene essere scorretta e rischiosa, ma non si sono fermati. Quindi perfettamente CONSAPEVOLI di ciò che stavano facendo.

Non vittime quindi. Ma carnefici che hanno con le loro azioni, scatenato delle reazioni.

Perché le vittime designate, non dimentichiamolo, erano, in questo caso, coloro che hanno avuto il coraggio di difendersi.
Una piccola e doverosa precisazione di ruoli che oggi sembra non essere molto chiara.
A quanto pare anche i malviventi condividevano un particolare, oltre che la scelta del crimine: erano disarmati. Il primo possedeva armi giocattolo, il secondo pare nulla.
Sono stati fermati per sempre da proiettili veri di chi, esasperato dal continuo incalzare della delinquenza, ha scelto di avere delle armi vere per difendersi.

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Le accuse adesso non sono per i malviventi che hanno scatenato queste reazioni con le loro azioni. Adesso sono per le vittime che ne sono uscite incolumi fisicamente, ma provati nell’anima.

Perché forse è facile per chi delinque sparare e togliere la vita (ne sono pieni i notiziari di notizie di rapine finite male per le vittime e non per i criminali), ma non per chi vive con la paura di non avere mezzi di difesa attendibili. Perché anche chiamare il 112 e il 113 non sempre è facile oltre che possibile. Senza contare la risposta che troppe volte si riceve: “Non ci sono pattuglie in zona, c’è da attendere.”
E che ho chiamato un taxi?!
Mi stanno entrando in casa dei ladri, non oso immaginare cosa mi faranno oltre che derubare e mi sento mettere in attesa?!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Perché la vita è sì sacra e come tale va difesa! E tu Stato, tu forza dell’ordine, se vieni meno alla mia difesa o anche in ritardo, non puoi poi accusarmi di aver provveduto da me!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Riporto solo tre frasi dei familiari dei due ladri rimasti uccisi.

“Non si può uccidere per 5000 euro!”
“Si porterà sulla coscienza l’averlo ucciso!”

"La legge dice che si spara in alto o in basso, non contro.”

Non si può uccidere per 5000 euro! Ma benedetto il cielo! A nessuno di loro viene il rimorso per la PROPRIA coscienza nel non aver mai fermato il marito e padre? Non li sfiora neanche il pensiero che se non avesse scelto questa strada ora sarebbe ancora vivo?
Alla compagna del ladro che conosce così bene cosa dice la legge su dove si dovrebbe sparare… nessuno ha spiegato cosa dice la legge sul rubare?!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Ciò che più mi deprime ed opprime in questa faccenda è  quella fascia di pubblico che, opportunamente armato di “finto” buonismo, si dispiace per i criminali morti e inveisce contro le vittime che si sono difese.
Qui, lo ammetto, l’indignazione e lo sconcerto toccano in me l’apice.

E finalmente capisco!
Finalmente capisco perché in un Paese dove delinquere dovrebbe essere sbagliato, diventa addirittura da difendere o questione di vanto. Capisco perché la giustizia diventa ingiustizia. Capisco perché la vittima si trasforma inesorabilmente in carnefice e il mondo si appresta a capovolgersi.

No, non è “merito” di delinquenti o di vittime designate.
E’ tutto “merito” di questi “buonisti” che dal di fuori riescono a dire con tanta lucidità cosa è giusto fare o non fare, atteggiandosi a giudici supremi e, armati di un discutibile senso di giustizia,  si scagliano contro le vittime delle rapine, ovvero difendendo chi PER PRIMO HA SBAGLIATO e ha innescato, con le proprie azioni, una serie di eventi drammatici.

Ora capisco perché la delinquenza aumenterà sempre: perché è avallata da costoro che poco fanno sentire la loro voce quando a morire è il rapinato, ma son pronti a farsi sentire quando a morire è il delinquente. E i criminali si sentono incoraggiati da costoro. Incoraggiati a continuare per la loro strada.
Attenzione: questa non è una storia di eroi. Né di caduti da commemorare.

Questa è una storia che SI POTEVA EVITARE! A priori!
E non, come sostengono alcuni, impedendo la difesa alla vittima designata, ma bensì evitando di diventare criminali.
Alle famiglie dei delinquenti rimasti uccisi posso solo dire che comprendo il loro dolore, il dolore di aver perso una persona cara in modo tragico.

Ma più di me, di sicuro  comprenderanno quel dolore i familiari di tutte le vittime innocenti che non sono sopravvissuti alle rapine.
E ciò che resta di tutta questa storia è solo INDIGNAZIONE e SCONCERTO.   

By Lisa  

01 ottobre, 2015

Expo...



E siamo arrivati all’ultimo mese della tanto parlata, discussa, visitata, esposizione universale.
Expo Milano 2015. Ci siete stati? Io ad agosto con la mia famiglia.
Al primo impatto, il primo aggettivo che viene in mente per descriverla è; bella. Enorme, padiglioni spettacolari, ottima organizzazione e pulizia, ma era tutto veramente necessario?
L’Expo mi è piaciuta, tra code e caldo terribile, mangiando in piedi tra un espositore e l’altro, siamo riusciti a visitare 16 padiglioni in 12 ore. Davvero belli, scenografici, firmati da grandi architetti ma, il tema di questo grande evento, “Nutrire il pianeta” l’ho visto in pochissimi espositori.
Nutrire il pianeta. Viviamo in un mondo dove c’è gente che, nel terzo millennio, ancora muore di fame, e poi ti imbatti nel padiglione dell’Angola, il primo che abbiamo visitato. Grande, bellissimo dentro e fuori, sarà costato milioni, e poi ti chiedi se, uno stato dell’Africa, continente dove il tasso di bambini che muore di fame è ancora troppo elevato, non poteva spendere tutti quei soldi per aiutare il suo popolo.
Se in una parte di questo nostro strano mondo c’è gente che non ha cibo e a volte neanche l’acqua, in altre parti il cibo si butta. 
Il padiglione USA, immenso, con originali orti verticali e dentro, il nulla. A parte alcuni video di Obama e consorte che parlano e spiegano, non c’è niente, ma, al piano terra, c’è un filmato diviso per stanze, dove, la popolazione americana, che ha il più alto tasso di persone obese e in sovrappeso, ci spiega l’importanza del cibo…
Oltre ai padiglioni con i propri bar ristoranti, ci sono anche molti altri chioschi per mangiare e gustare i sapori del mondo. Noi, non essendo carnivori, non siamo andati ad assaggiare hamburger di zebra o coccodrillo, siamo rimasti sul classico, ma all’expo si trova di tutto, una bella occasione, per chi come me, non ama viaggiare e certi luoghi e pietanze li vedrà solo in fotografia, ma evidentemente, ingozzarsi al McDonald, per molti è stato più interessante.
Belli i Cluster, piccoli espositori, per chi non si poteva permettere di più, ma che, divisi per paesi, seguono un tema. Cluster del riso, del cacao, delle spezie e dei cereali.
Davvero bello anche il simbolo di questa esposizione universale, l’albero della vita, ma in questo caso sono di parte, poiché è nato nella mia Valle e uno degli ingegneri è un mio compaesano.
Ormai l’Expo sta finendo, ancora trenta giorni e calerà il sipario. Non aiuterà certo a “Nutrire il pianeta” e sicuramente, ha nutrito i portafogli di qualcuno, ma merita di essere visitata, almeno una volta.


 Stefy



02 settembre, 2015

L'Amore vero... per te com'è?

Riguardo l'Amore di coppia sono stati scritti miliardi di miliardi di cose .
Nella maggior parte dei casi si sarà tenuto a sottolineare che ci si stava riferendo all'Amore vero. Magari chi scriveva era mosso da esperienza personale e voleva solo dire la sua.
Ecco proprio quello che mi accingo a fare oggi ...dico la mia pure io perché fondamentalmente ognuno di noi ha il suo punto di vista, modo di vivere e di rapportarsi e quindi uno in più uno in meno non fa differenza,ma sempre meglio l'abbondanza diceva qualche vecchio saggio pensando ai periodi di carestia.
Quanto meno potrà servirà a qualcuno come piccola riflessione, a me come conferma di qualcosa che ancora non avevo messo nero su bianco e a qualcun'altro come spunto per ripassare il suo pensiero perché magari ci si rivedrà in pieno in queste righe.
E chissà che non piovano commenti di com'è per voi l'Amore vero. Mi piacerebbe sì, perchè anche a me piace riflettere leggendo il parere e le esperienze altrui.Non ho nessuna verità in tasca,non ce l'avrò e non la vorrò avere nemmeno a 100 e più anni se dovessi campare tanto.
L'essere che smette di apprendere, riflettere e si sente arrivato è morto appena nato.


Com'è per me l'Amore vero...
L'amore che ci fa pensare di voler passare tutta questa vita con l'altra persona lo definisco vero quando avvolge anima e corpo,quando fa sentire di essere coinvolta con ogni cellula e riesce a far pensare di poter edificare insieme all'altro fondamenta così stabili da reggere a qualsiasi catastrofe.
Lo reputo vero concependolo come capace di curare ogni ferita,di scombussolarmi e farmi ritornare a posto coi miei tempi e cambiando le cose ma senza farmi sentire poi fuori posto nella nuova situazione e condizione.
Lo ritengo finito quando lascia non rimarginabili graffi sul cuore per insofferenza,con cecità o egoismo.
E' vero quando permette il cambiamento di se stessi,quel cambiamento che è inevitabile perché questa  vita su questa Terra ha una regola principale...la regola dell'evoluzione. Se resti fermo sei perso,vieni inghiottito dal tempo che ti passa su sotterrandoti e  lasciandoti essere solo un fossile, un ricordo.
Mi giunge come Amore falso quello che ti fa sentire subito come la stella del firmamento e dopo come il riflesso di un'immagine che non è la tua ma quella dell'altro.
E' vero quando disseta col suo bicchiere prima me e poi se stesso, quando  rassicura di continuo senza sentirne la fatica e fa sentire sempre accolti  anche nei lati peggiori.
E' vero quando  regala un fiore come un diamante solo per gioire del sorriso che si stamperà sul mio viso e nei miei occhi.
L'Amore vero nelle mie idee resiste per due quando l'altro crolla e l'aiuta a rialzarsi facendogli recuperare forze e fiducia in sé e in tutto.
La sua forza non ti fa sentire mai oppressa o costretta, ma spinta di doppia forza perché si unisce sempre alla tua.
Si esprime con tutto se stesso purché tu lo comprenda sempre e pienamente e non nasconde mai dei pezzi di pensiero per paura.
Lui le paure le vuole affrontare e vuole sempre farlo con te.
La grandezza e l'intensità di un tale sentimento si sente nel suo processo di crescita insieme e quando uno dei due cuori dovesse giungere a capire che ha sbagliato tutto,che qualcosa si è rotto e non riesce a darsi più totalmente, l'altro sa bene che non  può permettersi di provare a lottare ancora perché non c'è più una meta unica per due.
E se ha Amato veramente ti accompagna dove vuoi... in quel punto dove insieme pronuncerete la parola Addio per rispetto a tutto quello che di bello avete vissuto insieme e che di brutto avete superato insieme.

Buon Amore vero ...
                                                                         Stefania Vitaliano.

01 agosto, 2015

L'ARTE DEL PROCRASTINARE


Un paio di condivisioni online mi hanno dato spunto per l’editoriale di oggi, da una parte “Chi vuole fare qualcosa trova sempre il modo, chi non vuole farla trova sempre una scusa! “ e dall’altra “ Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie, lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità“ .
Ora, condivido entrambe le posizioni eppure, spesso finisco col procrastinare, vittima di una paralisi mentale del tutto personale.
Ora per procrastinare si intende il rimandare qualcosa per un certo periodo o a tempo indeterminato per cui penso un po’ tutti lo facciamo, che sia la dieta rimandata di lunedì in lunedì, la faccenda domestica, la visita di cortesia, lo studio o qualsiasi altra cosa che per un motivo o l’altro non ci va poi molto di fare.
Di mio sono una persona molto organizzata, piuttosto efficiente su molti aspetti eppure a volte resto vittima di questo impasse.

A voi capita mai? Per cosa, nello specifico?
E poi il tempo passa, inesorabile, finiamo col chiederci ma perchè questo non l'ho fatto prima? Magari le cose si complicano, certo, col senno di poi...
Anche se, penso che sappiamo che dobbiamo fare certe cose eppure a volte siamo indolenti perché credo sia nella natura umana.

01 luglio, 2015

MORIRE D'AMORE

Editoriale di Laura Marabelli

Prima ancora dei nostri genitori, siamo figli e figlie delle storie che ci raccontano.
La nostra percezione della realtà passa, infatti, anche attraverso le parole che sentiamo e leggiamo.
Parole spesso artefatte. Strumentalizzate.
Ci hanno sempre detto che l'amore è bello, che dire "ti amo" è una bella parola.
La usano i poeti, gli innamorati, le persone che si vogliono bene.
Ma spesso in nome dell'amore, si fa del male, si fa soffrire.
Per amore si offende, si ferisce, si vendica, si tradisce, si arriva ad annullarsi fino ad uccidere l'anima.
A volte si arriva ad uccidere davvero.
Per amore si muore! E non è un ossimoro.
Siamo talmente assuefatti da ogni problema "d'amore" che ascoltiamo ogni giorno, che lo banalizziamo, così è più facile assolvere e assolverci, negando che invece riguarda tutti, che potrebbe riguardarci, diventando di fatto complici, responsabili.
...una madre forte ed esemplare, un marito gran lavoratore, un figlio devoto, un nipote studioso, una famiglia tanto unita da essere invidiata da tutti...
Quante volte abbiamo sentito queste parole? L'illusione purtroppo inizia da qui, da questa sedicente perfezione.
Non voglio parlare nello specifico di femminicidio, violenze, abusi, nè di ordinarie, ma non meno gravi, crisi coniugali, non ne ho le competenze.
Voglio, invece, fare una riflessione sul cattivo uso delle parole, sulla loro idealizzazione, poichè sono profondamente convinta che sia anche attraverso questo che una storia d'amore possa evolvere trasformandosi o finire, ma di sicuro in modo pù sano.
E che finalmente quell'ultimo capitolo, quel "vissero felici e contenti" non sia più scritto,  perchè non è mai realmente esistito.
Siamo figli e figlie delle storie che ci raccontano, non siamo obbligati a crederci.
Partiamo da qui e forse andremo un pò più lontano.




01 giugno, 2015

CAMBIARE ROTTA




L’editoriale di questo mese si ispira ad una storia vera, la storia di una mia amica e dei problemi che ha vissuto con il figlio in una fase critica, come può esserlo l’adolescenza. Una storia che lascia sulla pelle la salsedine e nelle narici l’odore del mare. Non un mare qualunque, ma il mare della vita.

Difficile non notare quanto questa storia vera, sia in realtà una storia comune, la storia di un ragazzo che, complice un’amicizia (o forse dovrei dire una frequentazione) sbagliata, ad un certo punto, nonostante sia sempre stato molto seguito dai suoi genitori,  perde la bussola tra le onde di un mare in tempesta ed inizia ad andare alla deriva in acque sconosciute e ricche di insidie.

Può accadere a chiunque. Anche nelle famiglie “migliori”. Inutile negarlo.

Per circa due anni, questo ragazzo si è visto impegnato, suo malgrado, in una lotta dove identificava i suoi genitori come  avversari. Avversari il cui unico intento era salvarlo, tirarlo fuori da quel mare che si faceva sempre più tempestoso. Due anni in cui nessuna delle due parti si è arresa e lui si lasciava trascinare da chi credeva amico. Ed ovviamente amico non era. E neanche alleato.

E cosa possono fare due genitori che vogliono salvare un figlio a tutti i costi? Prendere forse la decisione più difficile e per qualcuno più dura: gettarlo nel mondo, lontano da loro, lontano da quel falso amico che stava dirottando tutta la nave.

L’unica alternativa più immediata è stato imbarcarlo su navi mercantili, dove la forza lavoro è sempre ricercata, non sempre pagata e dove non tutti sono disposti ad offrirla. Perché lavorare su una nave per mesi, sembra restringere il mondo a qualche centinaio di metri quadri di ferro. I genitori lo avrebbero fatto imbarcare anche a costo di dover loro pagare la compagnia (testuali parole della mia amica), ma per fortuna non è stato necessario arrivare a tanto. Dopo due anni, erano intenzionati più che mai a tentare il tutto per tutto per amore di quel figlio.

Tempo  qualche settimana di distanze enormi e di silenzi, qualcosa accade. Il ragazzo, prese le distanze da tutto e da tutti, si rende forse conto di essere parte del mondo, seppure in uno spazio ristretto. Affronta onde anomale con relativi danni, costeggia Paesi dove è un rischio scendere a terra, si inoltra nel non sempre facile cammino dei rapporti umani. E’ un mondo ben diverso dal porto da cui è partito. Un mondo che offre gioie e dolori e la possibilità di rendere tutto un’esperienza di crescita e non una spiaggia in cui arenarsi. Inizia quindi a correggere la sua rotta e la prima persona con cui riprende i contatti è sua madre. La stessa madre alla quale  dice che non deve preoccuparsi per lui perché tutti i loro “combattimenti” gli sono serviti.

Mentre ascolto questa storia che qui descrivo restando il più possibile nel vago, mi rendo conto di quanto sia difficile essere genitori, di quanto tutti possono mettere potenzialmente al mondo dei figli e questo non basterà a renderli genitori veri. Mi travolge come uno tsunami, per restare in tema, la dimostrazione d’amore più grande che è crescere i figli con immenso amore ben dosata a  doverosa fermezza. Perché un figlio non si perde quando lo si mette in condizioni di lasciare la propria casa, lo si perde quando gli si consente di “non crescere”.

Forse tutti abbiamo attraversato un momento in cui voler restare un po’ bambini. Ma il mare della vita riserverà per tutti onde sempre più alte da affrontare. E per affrontarle è necessario crescere come quelle onde, fino a cavalcarle.

Ciò che questa storia mi insegna e conferma è che correggere la rotta si può. Per qualcuno basta volerlo, per altri è necessario un brusco risveglio, spesso frutto di un grande atto di coraggio.

Ora il ragazzo è un giovane uomo nel bel mezzo del mare della vita. Solca i mari su navi comandate da altri, ma chissà? Un giorno forse anche lui comanderà una nave. La nave che è la vita e di cui sarà pronto a prendere i comandi per raggiungere nuovi porti. Un po’ sarà stato merito suo, un po’ merito di genitori che non lo hanno abbandonato. Mai.

A lui e a tutti coloro che avranno il coraggio di cambiare/correggere la rotta, auguro buona fortuna… Anzi, no!  Buon vento!

By Lisa

01 maggio, 2015

Primo maggio


Primo maggio.
Festa del lavoro.
Festa dei lavoratori e poi;
centri commerciali sempre aperti,
negozi che chiudono,
ditte che falliscono,
lavoratori in cassaintegrazione, precari, sfruttati, licenziati.
Lavoratori che perdono la vita sul posto di lavoro, che perdono la speranza, la dignità.
Buon primo maggio a chi un lavoro non ce l’ha, a chi l’ha perso e a chi spera e lotta per non perderlo.
Buon primo maggio a tutti.



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