26 giugno, 2013

recensione: LA BAMBINA DAGLI OCCHI DI CIELO - BARBARA MUTCH

Ada è nata nella casa in cui sua madre lavorava come governante e lì è rimasta a sua volta a lavorarci tranne un breve periodo.
Ada è di colore e vive in Sudafrica dove la segregazione razziale non è ancora stata legiferata ma si sente nell'aria e non ha idea di chi sia suo padre ma a nessuno la cosa sembra strana perchè lì i padri spesso sono di passaggio ma i figli sono sempre visti come una benedizione.
La Madam, ovvero la padrona di casa Mrs Harrington, è sempre stata buona con Ada e sua madre tanto che lei porta il nome della sua adorata sorella minore lasciata in Irlanda. Dopo un periodo difficile la Madam va in città dalla figlia, al suo rientro Ada non è più in casa, non capisce perchè e non se ne da pace.
Intanto Ada si rifugia dall'unica parente che conosce, lavora per una stuioia sul pavimento ma, sagacemente, riesce a cogliere l'occasione di diventare un'insegnante di piano in una scuola vicina visto che la Madam le aveva insegnato a leggere, scrivere e suonare il piano.
Ada da alla luce una bambina con gli occhi color del cielo e la pelle più chiara, è evidente cosa sia accaduto ma non vuole rivelare a nessuno chi sia il padre della piccola per non incappare nelle sanzioni della politica dell'apartheid e per vergogna verso se stessa.
Mrs Harrington riuscirà a riportare Ada a casa e lì ella resterà, nonostante le molte difficoltà, fino alla vecchiaia.

L'ingenuità e l'ignoranza di Ada ce la presentano come una ragazza sprovveduta che non sa come vadano le cose nel mondo, vissuta sempre tra le mura di Cradock House e con un senso si appartenenza a quel luogo e alla famiglia che lo abita che va oltre la lealtà e diventa senso di possesso. Nonostante tutto, è lì che Ada vorrebbe morire, lucidando l'argenteria come sua madre ed è lei a raccontarci la sua storia, dall'inizio alla fine.

Un libro molto toccante ma non strappalacrime, ha la capacità di entrare nel cuore e nella mente e non si riesce a staccarsene, personalmente ho finito di pensarci anche la notte quando continuavo la storia nella mia mente prima di leggere come effettivamente proseguiva.

Oltre alla storia personale di Ada e delle persone a lei vicine c'è un pezzo di storia comune a molti Sudafricani, bianchi e neri che solo da pochi anni hanno trovato la pace anche grazie a uomini come Nelson Mandela.


24 giugno, 2013

recensione: UNA ROSA SELVATICA - JENNIFER DONNELLY

Terzo capitolo della trilogia delle rose dell'autrice che vede in primo piano la più giovane delle tre protagoniste, ovvero Willa Alden.
Willa è una ragazza coraggiosa che, durante la scalata del Kilimangiaro, ha tragicamente perso una gamba ma non si è lasciata abbattere da questo, anzi, da allora sono iniziati i suoi pellegrinaggi tra vette ed ambienti ostili come una vera e propria esploratrice.
Esploratore è anche Seamus, suo amico d'infanzia ed amato, lui ha preso la decisione di farle amputare la gamba per salvarle la vita e questo ha segnato la fine della loro neonata storia sebbene, a distanza di anni, continuino ad amarsi.
Mentre Willa continua le sue esplorazioni, Seamus a Londra incontra Jennie, la figlia di un reverendo che si occupa di una scuola per bambini poveri a Whitechapel. Dopo tanta indifferenza per le donne, Jennie sembra far breccia nel suo cuore, il suo temperamento è infatti gentile, generoso e combattivo essendo tra le suffragette.
Seamus sposa Jennie ma poco dopo Willa rientra a Londra, immaginate come possano essere i rapporti tra loro visto che finalmente sono nello stesso luogo ma ormai sono impossibilitati a stare insieme. Come si evolveranno le questioni di questo triangolo amoroso?

Non è solo l'amore il protagonista del romanzo, vi è anche una nota gialla e di mistero, siamo nella Londra degli inizi del secolo scorso, quando la corsa britannica agli armamenti cerca di scongiurare quella che sarà la Prima Guerra Mondiale e le spie pullulano in Europa mentre in parlamento qualcuno si batte per la salvaguardia di donne e bambini sfruttati nelle fabbriche. Tra delitti e ricatti, vi sarà un finale a sorpresa.

Per me che ho letto il libro precedente, Come una rosa d'inverno, è bello scoprire come si sono evolute negli anni le vite degli altri personaggi che magari in questo libro sono più marginali, la trilogia infatti si sviluppa in ordine cronologico per circa un ventennio e vede i rapporti tra le tre protagoniste nascere e crescere fino a farle diventare parte di un'unica famiglia, unita nonostante le vicissitudini patite.

Davvero appassionante, ho letto gran parte del romanzo di seguito perchè è accattivante, mai scontato ma anzi ricco di continui colpi di scena in un alternarsi di luoghi, da cittadini a naturali ed esotici.


23 giugno, 2013

recensione: IL COLORE TRASPARENTE DELLA NOTTE - PAM JENOFF

Charlotte è un avvocato d'ufficio che si occupa di minori a Filadelfia ma, quando il suo ex, Brian, la coinvolge in un caso di crimini di guerra, sua vecchia passione, non riesce ad esimersi. Peccato lui l'abbia incastrata e non si presenti in Germania, ad aspettarla infatti Charlotte troverà a sorpresa Jack, il fratello di Brian, che non vedeva da anni e con cui nemmeno Brian ha rapporti.
Tra i due c'è tensione, investigando si ritrovano a passare molto tempo gomito a gomito ed un bacio rubato durante la notte resterà appeso come in attesa di una loro decisione.

Il caso prevede la difesa di un miliardario accusato di aver venduto il fratello ai nazisti decenni prima e, poichè egli era intento a salvare dei bambini da un campo di concentramento, viene ritenuto responsabile anche e soprattutto della morte di tutti quei bimbi innocenti. La cosa strana è che l'accusato non collabora e non sembra cercare modi per discolparsi, sembra accettare passivamente la sua sorte eppure non si dichiara colpevole. Cosa si nasconde dietro il suo silenzio?

C'è da subito un parallelismo tra i capitoli al presente e quelli nel passato, a partire da un secolo prima, che ordinatamente si alternano tra loro. Nel passato storie diverse si susseguono, apparentemente distinte ma legate da un filo conduttore che, se per certi versi è l'ebraismo, per altri è dato da un oggetto, un particolare orologio da tavolo fatto a mano e di grande valore sia economico che sentimentale per quanti lo hanno posseduto nel corso degli anni.

Una storia nella storia, amore, rispetto e amicizia come sentimenti protagonisti, davvero bello sebbene non ci sia e non possa esserci un lieto fine quando si parla di olocausto o crimini di guerra.


21 giugno, 2013

GIVEAWAY D'ESTATE!!!

Buongiorno a tutti e buon primo giorno d'estate. Finalmente estate. Dopo un lungo inverno e davvero troppa pioggia, benvenuto sole e caldo e per innaugurare la nuova stagione, oggi parte il nostro nuovo giveaway.

Per uno di voi una copia di QUALCOSA è CAMBIATO, offerta da me! Ebbene sì, questo libro l'ho scritto io!
editore: Youcanprint
pagine: 212
isbn: 9788867517466
anno: 2012
prezzo: 12€
ebook: 5,99€ 
Descrizione:
Sara, fresca diciottenne in perenne conflitto con il suo corpo ha mille sogni nel cassetto. Testarda, ironica, anticonvenzionale, bella, ama la vita e stare con i suoi amici. Durante la magica estate dei suoi tanto attesi diciotto anni, tra giornate al mare, serate movimentate, litigi, risate e baci appassionati, Sara, pian piano, sarà costretta a rivelare quello che, abilmente, ha sempre nascosto sotto la sua corazza… dovrà accettare un cambiamento imprevisto e diventare grande…

Sette amici, l’estate memorabile del 1995. 
Una storia di amicizia e amore.
Chiudete gli occhi, svuotate la mente e tornate adolescenti.
Al vostro primo bacio, ai primi amori, alle giornate indimenticabili trascorse con gli amici più cari. A quei momenti magici che solo da ragazzi si possono vivere.
Potete leggere la recensione QUI


Regaleremo una copia di questo libro a chi, commentando SOLO sotto questo post, risponderà alla domanda;  

Come Sara, la protagonista del libro, anche la vostra estate dei tanto attesi diciotto anni è stata magica?
 Avete voglia di condividere con noi un'estate della vostra gioventù che per voi è stata magica?
Sceglieremo il ricordo estivo più emozionante.

Regolamento:
1- Commentare solo sotto questo post entro e non oltre il 7 luglio.

2- Aggiungersi come followers.  

3- E' gradita, la diffusione di questo gioco quindi che esponiate nel proprio blog, sito o altro vostro spazio virtuale,  il banner del giveaway (salvate l'immagine sul vostro pc e inseritela in un gadget foto).


 Buon giveaway a tutti!!!



20 giugno, 2013

recensione: L'ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA - BLANCA BUSQUETS

Tonia è una giovane donna quando viene data in sposa a Robert, il locandiere. La vita da moglie le sembra subito orrenda ma la prima gravidanza renderà tutto più sopportabile. Peccato che appena nati, i suoi gemelli vengano messi a balia. Unica consolazione e distrazione per lei sono lettura e scrittura, passioni che coltivava già prima del matrimonio e che sono piuttosto insolite per una giovane contadina del XVIII secolo.

Lali, invece, è una bambina sveglia, con una grande immaginazione e una passione viscerale per la scrittura, sarà anche che è figlia di due insegnanti di materie umastiche. Dopo la nascita dei suoi fratelli gemelli le cose a casa si complicano, non si sente più seguita dai genitori, a scuola è vittima di alcune bullette e così sprofonda nel silenzio prima e nel dialogo con un'amica immaginaria poi.

Tonia vive nella Carena, una zona pianeggiante ai piedi delle montagne del Cingles ed è lì che il padre di Lali ha delle proprietà per cui, a trent'anni, dopo varie e sofferte decisioni è lì che Lali si trasferisce per cambiare vita.

Lali e Tonia appartengono a periodi diversi, svolgono vite diverse eppure sono molto simili, amano scrivere, amano lo stesso romanzo, tengono entrambe ad un quadro anche se per ragioni diverse, finiscono con l'amare lo stesso tipo di uomo ed è come se la storia si ripetesse perchè in realtà Tonia è la bisnonna di Lali.

Tutto verrà a galla con Lali, la verità sul passato della propria famiglia e non solo visto che i rapporti di parentela alla Carena sono stretti anche fra insospettabili, una sorta di richiamo del sangue che spinge cugini di primo, secondo o terzo grado l'uno verso l'altro.

La storia oltre ad un alternarsi tra le vicende di Tonia e Lali fa continui balzi tra presente, passato e futuro in un intreccio ricco di eventi e riflessioni. Davvero accattivante.


18 giugno, 2013

LA STORIA DEL PICCOLO PINGUINO CHE SI ADATTAVA TROPPO di Denis Doucet






PAGINE 160
PREZZO € 12.00
ED. VALLARDI


Può una favola che ha come protagonista gli animali, istruirci sui comportamenti umani? 
Esopo, Fedro, La Fontaine e molti altri ci dicono di sì.
Piccolo Pinguino è un tenero animale che vuole fare bene e non scontentare nessuno; per questo accoglie sempre le richieste degli altri. 
Un giorno nella sua placida vita, irrompe Foca Furbacchiona, astuta e manipolatrice, che lo convince a entrare nel business e a lasciare la sua amata banchisa per i caldissimi Tropici. 
Qui naturalmente Piccolo Pinguino starà malissimo, ma il suo tormento fisico e psicologico lo porterà a crescere e a occuparsi delle cose che per lui contano davvero, anche grazie a una dolce Piccola Pinguina.
Questa, la prima parte del libro.
Ma chi è in realtà Foca Furbacchiona?
In che modo subdolo ci manipola?
Foca Furbacchiona può essere chiunque, anche incosapevolmente noi stessi e qualunque cosa. 
Esercita una pressione su di noi, senza attribuire alcuna importanza ai reali bisogni.
L'autore, psicologo clinico, con questo piccolo libro, di facile e veloce lettura, grazie a spunti ed esempi pratici, ci porta a riflettere per riuscire a ri-trovare la nostra banchisa, ossia lo stato interiore che ci mette in contatto con la nostra autenticità.
La vera libertà non è poterci permettere di comprare tutto quello che ci passa per la testa, ma prendere delle decisioni, trasformarle coraggiosamente in azioni e assumerci le conseguenze dei risultati.
Questo significa essere liberi

buona lettura !     Laura  (Fenix)

15 giugno, 2013

UN PIZZICO DI...

Allegriaaa!!!!
No, non voglio imitare il compianto Mike Bongiorno, ma in tempi di crisi, cosa c'è di meglio di una sana risata? Ti risolleva la giornata e, soprattutto, è gratis!

sul posto di lavoro, ad esempio...


angolo lettura:

io:

baby...


bimbetto curioso...

made in China...

Amen!!

 venderà anche la mia?

***
Ridi, tanto la gente non crescerà mai. Ridi, che la gente di merda ti vuole vedere crollare. Ridi, perchè anche se i problemi non si risolvono, vanno presi con più positività. Ridi, che la vita è troppo breve per la tristezza. Ridi, alla faccia del dolore. Ridi, che sei più bella/o. Ridi fino a sentirti male! Ridi, non costa nulla, ma fa molto... - Fabio Volo -

A te che leggi, spero di essere riuscita a strapparti un sorriso, altrimenti per l'attenzione


Stefy



ps. immagini prese dal web



01 giugno, 2013

Generazioni e il peso dell'essere ...solo domande e ognuno tiri le sue somme.

Generazioni e il peso dell'essere ...solo domande e ognuno tiri le sue somme.

Generare, generalizzare, apparire, appartenere, essere, vanità, solitudine.
In quest'ordine o mescolate, queste sono parole che racchiudono ognuna un vasto concetto su cui si potrebbe discutere per giorni e giorni.
Ma basta provare a farsi anche  solo domande e di certo le risposte arrivano da sole.

L'apparire gratifica e dà senso all'esistere delle mode non c'è dubbio.
Se penso a mia madre che portava la minigonna perchè era di moda e a me che portavo il jeans da paninara a modo mio, mentre per essere davvero una paninara bisognava mettere anche altro... sì, un minimo abbiamo seguito anche noi la moda.
Ma se noi - e per noi intendo quelli della mia generazione,i quarantenni di adesso-  mettevamo la minigonna eravamo delle poco di buono, invece se avesse messo mia madre, nel suo allora, un jeans da paninara avrebbe lanciato una moda con un ventennio d'anticipo?
E i nostri figli giudicati la generazione di presuntuosi, pigri e figli dell'autoscatto?
Quanto c'è stato di vanità nella generazione di mia madre e quanta ce n'è nella mia e in quella dei nostri figli ?
Seguire una moda è da vanitosi o segno di un disagio chiamato solitudine? Perchè dietro questa mania dell'autoscatto  più che vanità  ci vedrei proprio senso di solitudine, più voglia di dire "Ci sono"!

Certo è che se c'è una cosa che non piace a nessuna generazione è di essere racchiusa in una definizione generalizzante... eppure continuiamo tutti a farlo!

Quando ci si veste e ci si trucca, quanto lo facciamo per noi e quanto per gli altri?
Ci si compera mai nulla sulla valutazione ipotetica di quanto un capo o l'altro ci rende più carini agli occhi degli altri?
E questo farebbe parte di vanità o insicurezza?
Quante volte a settimana ci "sistemiamo" e quante ci  si lascia così come si è (leggi anche "ci si trascura")?

Sono domande che andrebbero forse bene per qualsiasi generazione a partire da  quella dopo l'uomo con la clava?
Non lo so, ma per molte molte generazioni passate, presenti e future vale porle.
Fra essere e apparire credo che la maggioranza vorrebbe dire che conta l'essere.
Poi a conti fatti ancora oggi- anzi oggi forse più di prima - si dà la precedenza all'apparire. O si lascia essere a questa precedenza: vedi la stangona che, 90 su 100, tutti crederebbero fare la modella, ma che si scopre laureata in fisico nucleare ed a un certo punto si ribella e vuole essere valutata per la sua intelligenza.

Se qualcuno dicesse "No, dai che si dà più attenzione all'essere che all'apparire" potremmo essere pronti a dirgli che allora non si spiega perché si sta lì a decidere , a volte fin da prima di coricarsi la sera, cosa indossare l'indomani?
E perchè ci si copre le congenite occhiaie, cercando il correttore più a lunga tenuta? Come mai quando deve uscire con noi, pretendiamo dal nostro partner che metta la nuova e "bella" camicia che gli abbiamo regalato, invece che la solita presa da solo senza badare che non si abbina a niente che già si ha?
E lui ...lui perché pretende che tu ti metta qualcosa da strafiga per la cena coi colleghi? Che gli si sfoltiscano  le sopracciglia e si sceglie un dopobarba che lascia una scia persistente alla mezz'ora ?
Ovvio che ci si può giustificare dicendo che vogliamo sempre sentirci a posto con noi stessi e migliorare il nostro partner.
Ma se ci trovassimo in una condizione in cui tutti devono per forza mostrarsi come sono(metti un disastroso terremoto), ci sentiremo più a nostro agio pur non essendo a posto come sempre cerchiamo d'essere?


Una corrente di pensiero dice che l'uomo è un animale di gruppo,  un'altra attesta che l'uomo è alla ricerca di sè attraverso il gruppo... insomma come vogliamo metterla possiamo metterla,  tanto c'è sempre una  giustificazione... in barba al senso dell'essere, della sostanza e della genuinità.
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