26 novembre, 2015

TI PREGO PERDONAMI - MELISSA HILL


Si tratta di tre storie d'amore e tre persone che vorrebbero farsi perdonare, chissà chi e per cosa poi...

Cominciamo da Leonie, una giovane rossa irlandese che arriva a San Francisco per lasciarsi tutto alle spalle, ma cosa? Lei è restia a parlarne con le nuove amicizie tipo la sua titolare o la vicina di casa Alex, ma anche con la sua migliore amica Grace. Andando avanti nel romanzo si intuisce che è turbata e pian pianino la scrittrice torna indietro nel tempo e ci da degli spaccati della sua vita, dell'inizio della sua storia con Adam e via via degli sviluppi fino a scoprire, verso la fine, i motivi della sua fuga. 

Alex è una giornalista, all'inizio sembra tormentata e non si capisce perché, sta uscendo con Jon, un brillante medico, eppure fatica a lasciarsi andare. Quando si imbatterà in Seth, il suo ex, anche in questo caso riusciamo a scoprire i motivi di tali turbamenti. Tra i due, chi sceglierà?

C'è poi la storia di Helena e Nathan, Leonie scopre per caso delle lettere che lui le ha scritto e così cerca di capire chi siano i protagonisti. Leonie prova empatia con Nathan, lui nelle lettere chiede ad Helena di perdonarlo e Leonie vuole che la donna gli dia ascolto.

Nelle sue investigazioni, Leonie coinvolge Alex ed insieme vagliano tutte le possibilità cercando di rintracciare Helena e Nathan ma, non riuscendoci, fanno un appello durante il programma di Alex. In molti risponderanno ma solo una persona sembra credibile, che sia la chiave di tutto?

In questo romanzo niente è come sembra, solo nelle ultime pagine vengono svelati i misteri e fino alla fine ci sono sorprese!

Una lettura che colpisce, magari all'inizio il ritmo è un po' lento ma dopo i primi capitoli si entra nel vivo della storia delle protagoniste e si va avanti con voracità per saperne sempre di più.

Il romanzo è un ritratto dolcissimo dell'amore, quello vero che resiste alle avversità e che può rinascere dopo un perdono sincero, se necessario.


15 novembre, 2015

UN PIZZICO DI... Santi e sagre

Prendendo spunto da eventi occorsi nei miei dintorni, oggi voglio parlarvi della figura di San Martino che si è festeggiata qualche giorno fa.


San Martino di Tours, celebrato come il protettore dei pellegrini, nacque intorno al 317 D.C ed è stato uno dei primi santi non martiri della Chiesa Cattolica. Figlio di un tribuno della legione, rivestiva la carica di "circitor" nella Gallia, dove visse l'esperienza che cambiò per sempre la sua vita e lo consegnò alla storia, alla leggenda e alla santità.

Questi giorni, almeno da me, ci sono giornate calde e soleggiate, un po’ inusuali e così sento dire da molti “è l’estate di San Martino!”. Ma da cosa deriva questa espressione?

Secondo la nota leggenda,  “Un giorno d`autunno, l’11 novembre probabilmente, mentre usciva a cavallo da una delle porte della città francese di Amiens, dove viveva, vide un povero, mezzo nudo e tremante per il freddo. Martino si impietosì e sguainò la spada, tagliò il suo bel mantello di lana e ne diede la metà al povero. Immediatamente il sole si mise a scaldare come in estate. Per questo motivo, si chiama l`estate di San Martino quel periodo agli inizi di novembre in cui spesso accade che la temperatura si faccia più mite”.


Si dice che “a San Martino ogni mosto diventi vino”, ma sapete perché?

La Festa di San Martino celebrata l'11 Novembre, giorno della sepoltura del Santo, è vissuta in vari modi ed in Italia fa rima con festa del vino, infatti, l'11 Novembre viene "battezzato" il vino novello durante allegri banchetti, accompagnato da carne, castagne arrosto e frutti di stagione.

Lo scorso weekend, infatti, da me c’è stata una sagra dedicata al vino e alle castagne, in un paese di circa ventimila anime ne sono transitate 150mila extra per assaggiare vino e pietanze tipiche della murgia tra le stradine del centro storico. Questo stesso weekend, invece, ce ne sono almeno altre due nel raggio di pochi km.

06 novembre, 2015

LE GAZZE LADRE di Ken Follett



Reims, maggio 1944. Un gruppo di partigiani tenta l'assalto al castello di Sainte-Cécile, centro nevralgico dei collegamenti tra le forze di occupazione tedesche. L'attacco viene respinto ma il cinico maggiore Dieter Frank si rende conto di trovarsi di fronte avversari pronti a tutto. Tra loro c'è una donna, l'agente dello spionaggio inglese Flick Clairet. Soprannominata "Pantera", Flick unisce al fisico minuto e sensuale una determinazione e un'audacia fuori dal comune. Di lì a poco metterà a punto una squadra composta di sole donne per portare a termine la missione fallita. Tra Flick e Dieter ha inizio un duello senza esclusione di colpi, fatto di agguati, inseguimenti, sfide sul filo dell'astuzia e dell'esperienza, fino allo scontro ultimo e risolutivo.
 
Un romanzo storico ed avvincente, una trama ben intrecciata che si ispira a personaggi e situazioni reali, ma di cui poco si veniva a conoscenza a quei tempi.
Il tutto si svolge in una manciata di giorni prima della fatidica data dello sbarco in Normandia che in tutto il romanzo incombe come un'ombra da un lato temuta e dall'altro spasmodicamente attesa. Una data che restò segreta per la maggior parte di coloro che si adoperarono a spianare la strada affinché avvenisse e che, infatti, in tutto il libro non viene mai rivelata, benché oggi sia fin troppa nota.
Ottime le descrizioni dei luoghi e dei costumi dell'epoca. Fin troppo chiare quelle dei metodi di tortura utilizzati dai tedeschi.
Follett riesce a far calar il lettore sia nel ruolo di Flick che di Dieter, i due veri protagonisti del libro, seppur appartenenti a schieramenti opposti.
Interessante il modo in cui delinea  con molta cura ed altrettanta semplicità i ruoli protagonisti di ogni guerra e che solo con tale scenario possono emergere del tutto in ognuno di noi, ovvero quello di vittima e di carnefice.
 
Buona lettura
by Lisa
 
 

01 novembre, 2015

INDIGNAZIONE E SCONCERTO


 
Per l’editoriale di Novembre ho scelto di spendere qualche parola su alcuni casi di “ordinaria criminalità”.
Prendo i due fatti di cronaca più recenti, da una vasta scelta a cui potrei attingere: Il gioielliere di Ercolano ed il pensionato di Vaprio d’Adda.
Entrambi condividono lo stesso sopruso: sono stati scelti come vittime da ladri.
Entrambi condividono la stessa reazione: si sono difesi, a discapito della vita di due malviventi.

No, non ho detto a discapito della vita di due vittime, ma proprio di due malviventi.

Persone che del crimine avevano fatto il loro “mestiere” e che, a suo tempo, avevano scelto una strada che sapevano fin troppo bene essere scorretta e rischiosa, ma non si sono fermati. Quindi perfettamente CONSAPEVOLI di ciò che stavano facendo.

Non vittime quindi. Ma carnefici che hanno con le loro azioni, scatenato delle reazioni.

Perché le vittime designate, non dimentichiamolo, erano, in questo caso, coloro che hanno avuto il coraggio di difendersi.
Una piccola e doverosa precisazione di ruoli che oggi sembra non essere molto chiara.
A quanto pare anche i malviventi condividevano un particolare, oltre che la scelta del crimine: erano disarmati. Il primo possedeva armi giocattolo, il secondo pare nulla.
Sono stati fermati per sempre da proiettili veri di chi, esasperato dal continuo incalzare della delinquenza, ha scelto di avere delle armi vere per difendersi.

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Le accuse adesso non sono per i malviventi che hanno scatenato queste reazioni con le loro azioni. Adesso sono per le vittime che ne sono uscite incolumi fisicamente, ma provati nell’anima.

Perché forse è facile per chi delinque sparare e togliere la vita (ne sono pieni i notiziari di notizie di rapine finite male per le vittime e non per i criminali), ma non per chi vive con la paura di non avere mezzi di difesa attendibili. Perché anche chiamare il 112 e il 113 non sempre è facile oltre che possibile. Senza contare la risposta che troppe volte si riceve: “Non ci sono pattuglie in zona, c’è da attendere.”
E che ho chiamato un taxi?!
Mi stanno entrando in casa dei ladri, non oso immaginare cosa mi faranno oltre che derubare e mi sento mettere in attesa?!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Perché la vita è sì sacra e come tale va difesa! E tu Stato, tu forza dell’ordine, se vieni meno alla mia difesa o anche in ritardo, non puoi poi accusarmi di aver provveduto da me!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Riporto solo tre frasi dei familiari dei due ladri rimasti uccisi.

“Non si può uccidere per 5000 euro!”
“Si porterà sulla coscienza l’averlo ucciso!”

"La legge dice che si spara in alto o in basso, non contro.”

Non si può uccidere per 5000 euro! Ma benedetto il cielo! A nessuno di loro viene il rimorso per la PROPRIA coscienza nel non aver mai fermato il marito e padre? Non li sfiora neanche il pensiero che se non avesse scelto questa strada ora sarebbe ancora vivo?
Alla compagna del ladro che conosce così bene cosa dice la legge su dove si dovrebbe sparare… nessuno ha spiegato cosa dice la legge sul rubare?!

INDIGNAZIONE e SCONCERTO.
Ciò che più mi deprime ed opprime in questa faccenda è  quella fascia di pubblico che, opportunamente armato di “finto” buonismo, si dispiace per i criminali morti e inveisce contro le vittime che si sono difese.
Qui, lo ammetto, l’indignazione e lo sconcerto toccano in me l’apice.

E finalmente capisco!
Finalmente capisco perché in un Paese dove delinquere dovrebbe essere sbagliato, diventa addirittura da difendere o questione di vanto. Capisco perché la giustizia diventa ingiustizia. Capisco perché la vittima si trasforma inesorabilmente in carnefice e il mondo si appresta a capovolgersi.

No, non è “merito” di delinquenti o di vittime designate.
E’ tutto “merito” di questi “buonisti” che dal di fuori riescono a dire con tanta lucidità cosa è giusto fare o non fare, atteggiandosi a giudici supremi e, armati di un discutibile senso di giustizia,  si scagliano contro le vittime delle rapine, ovvero difendendo chi PER PRIMO HA SBAGLIATO e ha innescato, con le proprie azioni, una serie di eventi drammatici.

Ora capisco perché la delinquenza aumenterà sempre: perché è avallata da costoro che poco fanno sentire la loro voce quando a morire è il rapinato, ma son pronti a farsi sentire quando a morire è il delinquente. E i criminali si sentono incoraggiati da costoro. Incoraggiati a continuare per la loro strada.
Attenzione: questa non è una storia di eroi. Né di caduti da commemorare.

Questa è una storia che SI POTEVA EVITARE! A priori!
E non, come sostengono alcuni, impedendo la difesa alla vittima designata, ma bensì evitando di diventare criminali.
Alle famiglie dei delinquenti rimasti uccisi posso solo dire che comprendo il loro dolore, il dolore di aver perso una persona cara in modo tragico.

Ma più di me, di sicuro  comprenderanno quel dolore i familiari di tutte le vittime innocenti che non sono sopravvissuti alle rapine.
E ciò che resta di tutta questa storia è solo INDIGNAZIONE e SCONCERTO.   

By Lisa  
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