23 febbraio, 2016

PERFETTI SCONOSCIUTI



Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? Dopo Immaturi e Tutta colpa di Freud, Paolo Genovese dirige una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere “Perfetti sconosciuti”.


L’eccellenza dello stile cinematografico italiano si rispecchia totalmente in questo film, dove la scena è quasi sempre la stessa (il tutto si svolge durante una cena a casa di amici), ma i colpi di scena si susseguono incessanti. Dopo una partenza volutamente lenta per scandire i tempi di una noiosa routine, gli spettatori verranno tenuti per tutto il tempo sul filo del rasoio tra sconcerto e risate. Una commedia dai retroscena drammatici strutturata in modo tale da alternare picchi di tristezza a risate di cuore.

 Un gioco macabro, una sfida a guardare in faccia la realtà per sconvolgere una realtà apparentemente felice o tranquilla. Una sfida non facile da raccogliere e non solo per gli attori, ma soprattutto per gli spettatori che verranno bombardati per tutto il film da segnali di allarme più che evidenti.

Perché la recitazione, con questo film, porta in scena la realtà più vera, quella che in troppi non vogliono riconoscere. E non si limita solo alla coppia, ma si estende ad ogni tipo di rapporto umano.

Il gioco viene proposto da chi apparentemente non ha nulla da nascondere e durante il film si scoprirà invece che è solo la persona più sicura fra tutte di non essere scoperta.  Dubbi e incertezze vengono messi da parte da chi invece da nascondere ha tanto con la segreta speranza che tutto fili liscio.

Il finale, a sorpresa, invita a riflettere più del film stesso e lascia lo spettatore quasi confuso.

Ottima la sceneggiatura, bravissimo tutto il cast diretto da un’ineccepibile regia.

Da vedere assolutamente… ma con una buona dose di coraggio affinché la felicità, quella vera, possa essere invece reale e non costruita su castelli di carte pronti a crollare al primo soffio.

N.B : Il film mi ha stupita per il susseguirsi di colpi di scena, non certo per il tema trattato di cui sono consapevole, con grande serenità,  già da tempo. Tuttavia, per la prima volta dopo il film ho sentito il bisogno di guardare le facce degli spettatori e vi assicuro che su quelli in coppia era evidente l’amarezza e la tensione. Quindi, consiglio spassionato, se intendete continuare a vivere nel mondo delle favole, NON andate a vedere questo film.  ;-)

Buona visione

by Lisa

15 febbraio, 2016

LE BRAVE RAGAZZE VANNO IN PARADISO LE CATTIVE DAPPERTUTTO di Ute Ehrhardt

 
Le donne hanno le carte in regola. Sono attrezzate per raggiungere gli uomini in tutti i settori più importanti della vita e anche per conquistare una chiara superiorità. Ma per raggiungere questo obiettivo occorre superare il muro di resistenze che frenano la loro energia: la paura dell'indipendenza, la paura dell'insuccesso, il peso della responsabilità, il timore di non essere più amate e l'eterna paura di essere sfruttate. Non esiste una formula indolore e anche le donne più sicure possono ricadere negli schemi tradizionali di sottomissione, dai quali liberarsi risulta poi molto difficile. In questo libro, Ute Ehrhardt, la psicologa tedesca che per prima ha affrontato il tema delle "cattive ragazze", propone una strada possibile. Un percorso doloroso, certo, ma necessario, costellato di esempi e testimonianze, per conquistare una profonda consapevolezza di sé, del proprio valore e delle proprie aspirazioni. Soltanto attraverso un'attenta analisi dei perché educativi e sociali, che hanno condizionato e condizionano le donne, è possibile interrompere il circolo vizioso che le porta ancora oggi ad assumere ruoli di secondo piano nel lavoro o nelle relazioni. Soltanto smettendo di essere "brave ragazze" si può diventare donne vere, vincenti.
 
La psicologa Ute spiega in modo lineare perché le brave ragazze si stampano sul volto il sorriso rassegnato e triste tipico di Monna Lisa e si ammalano anche più facilmente.
Retaggi culturali tramandati di generazione in generazione che prevedono un modello di donna servile, sottomessa, docile, obbediente ed arrendevole risultano piuttosto difficili da estirpare. Le stesse fiabe impongono modelli standard fin da piccole, iniziando un lento e progressivo addestramento a diventare una “brava ragazza”. L’esempio più eclatante quello di Cenerentola dove si vuol far intendere che chi come lei fa la “brava ragazza” anche con le sorellastre e la matrigna cattiva prima o poi verrà premiata dalla vita e troverà il principe azzurro. Si distoglie così l’attenzione dal punto chiave e ovvero che il vero ribaltamento della storia avviene quando Cenerentola disobbedisce alla matrigna e partecipa comunque al ballo.
Il libro mostra dettagliatamente come riconoscere le varie trappole della “brava ragazza”. Quello della Monna Lisa è una delle più insidiose. Di seguito mostrerà come evitarle, fino a renderle innocue.
A tratti ho trovato il metodo alquanto “duro”, poco incline alla via di mezzo, al compromesso. Ma alla fine del libro ho compreso il perché è necessario esserlo.
Perché trasformarsi in una cattiva ragazza non vuol dire essere veramente cattive, come la società vorrebbe far credere, ma semplicemente essere sicure di sé, indipendenti e pronte a combattere  per la propria felicità. Il che non escluderà a priori la felicità altrui. E se qualcuno preferisce la loro infelicità per aumentare la propria, allora saprannno prendere le dovute distanze, perché lo scopo è comprendere che è preferibile "separarsi dagli altri, piuttosto che da loro stesse".
Buona lettura
By Lisa.

14 febbraio, 2016

ZOOLANDER 2





La categoria è quella dei film comico-demenziale, dove l’eccesso diventa appunto palese demenza.
Ed è proprio in questo genere di film che viene fuori la vera bravura degli attori, perché, a discapito di un giudizio che può peccare (in apparenza) di superficialità, non è facile interpretare parti simili. Non è da tutti. Solo i migliori possono riuscirci. Grande merito quindi a Ben Stiller e Owen Wilson che, con la loro interpretazione, danno vita ad una  magistrale“caricatura visiva”.
Facciamo quindi un breve passo indietro. La caricatura è l’esagerazione voluta dei difetti per renderli ben visibili a tutti, anche a chi non sa osservare.
Ed ecco che con questo genere, nato nel disegno e trasportato, già da tempo, nel mondo cinematografico, Stiller applica il sistema della caricatura per mostrare al pubblico il lato più “assurdo” di un mondo che invece appare perfetto e di esempio al punto che tutti vorrebbero seguirlo: la moda.
Grande promotore di questo mondo ovviamente è il cattivo di turno. Impersonato, appunto, da un pagliaccio. Perché la moda, si sa, non è sinonimo di buon gusto. L’importante è semplicemente sorprendere, colpire. Appparire.
Ed il mondo platinato a cui popoli e generazioni guardano quasi sbavando altro non è che un palcoscenico di imposizioni e pregiudizi che dilagano e si applicano più delle leggi stesse.
Quindi si arriva al tema chiave: un ragazzino ciccione in questo mondo che suscita orrore e raccapriccio.
Peccato però che tra tutti, in quel mondo così platinato e tendente ad una perfezione assolutamente apparente, sia uno dei pochi veramente  in grado di usare la testa. Particolare che passerà quasi inosservato anche allo spettatore. Perché qui, volutamente, la caricatura perde potenza. Diventa realtà.
L’altro  intelligente è proprio il pagliaccio cattivo. Nonché furbo perché sfrutta il desiderio di apparire  non solo per manipolare, ma anche per prendere in giro i più grandi nomi della moda che, con grande autoironia, prendono parte a questa messinscena dissacrante proprio per il loro mondo. Grandi guest star anche in Zoolander 2: dal nostro Valentino a Tommy Hilfiger fino a Sting, solo per citarne qualcuno.
E qui mi fermo per non rivelare il finale e non rovinare il divertimento e la “morale della favola”.
Abbastanza lento il primo tempo, grande ripresa e finalmente qualche risata nel secondo.
Va visto non per morire dal ridere, ma per i molteplici messaggi che contiene e che, spero, ogni spettatore potrà ricevere.
Buona visione
By Lisa

04 febbraio, 2016

OLTRE I SEGRETI di Jay Crownover

Saint Ford ha lavorato sodo per realizzare il suo sogno: diventare un’infermiera. Concentrata sul lavoro, dedita ai pazienti, nella sua vita non c’è spazio per l’amore. Non ha bisogno di un ragazzo che arrivi a turbare la sua calma, soprattutto adesso che è serena e ha dimenticato cosa le ha distrutto la vita quando era al liceo. Cupo e introverso, Nash Donovan potrebbe non ricordarsi di lei e del terribile dolore che le causò. Ma fu lui la persona che stravolse il suo mondo… e che sta per farlo di nuovo. Saint non sa che Nash non è più quello di una volta. La scoperta di uno sconvolgente segreto di famiglia lo ha profondamente cambiato, e ora sta lottando per capire cosa fare. Non può lasciarsi distrarre dalla bella infermiera che incontra ovunque. E tuttavia non può ignorare le scintille tra loro, né rinunciare a una ragazza così divertente e dolce, soprattutto ora che sembra l’unica cosa ad avere senso nella sua vita.


Quarto capitolo della “The tattoo series”, serie con i personaggi più colorati, stravaganti, problematici e dai nomi più improbabili che abbia mai letto.
Saint è infermiera, ha venticinque anni, ama il suo lavoro, è timida e insicura. Sempre con la paura di essere nuovamente delusa, ferita, tradita. 
Nash è un tatuatore, il suo opposto, ricoperto d’inchiostro e di piercing, ha avuto un’infanzia difficile e scopre che, il suo adorato zio, il suo mentore, è in realtà suo padre ed è gravemente malato. Deciso a passare con lui tutto il tempo che gli resta, passa le sue giornate diviso tra il padre, il lavoro, gli amici che cercano di aiutarlo e tra Saint, la ragazza che è entrata nella sua vita, minacciando di restarci per sempre ma che proprio non riesce a capire. Saint che con le sue paure, rischierà di mandare all’aria tutto più di una volta.
Nash, nonostante l’apparenza è un bravo ragazzo, Saint troppo complessata e questo lato del suo carattere è ripetuto un po’ troppe volte e alla lunga stanca, ma è una bella storia, le scene hot non mancano e anche qualche lacrima. Libro che si legge tutto d’un fiato.

I titoli originali dei libri di questa serie, sono i nomi dei protagonisti maschili, Rule, Jet, Rome, Nash, (il quinto libro sarà su Rowdy e il sesto Asa) e con tanto di copertina corredata con un bel figliolo, in Italia sono tradotti in tutt’altro modo con copertine più o meno tutte uguali… Mahh




02 febbraio, 2016

LA SARTA DI DACHAU - MARY CHAMBERLAIN


A ridosso della giornata della memoria non potevo che leggere questo romanzo. La protagonista questa volta, però, non è una giovane ebrea ma una giovane inglese di religione cattolica, anche se non praticante.
Ada ha 18 anni, è londinese e fa la sarta per una boutique in centro. Il suo sogno è quello di aprire un proprio atelier a Parigi e così quando il sedicente conte Stanislaus, dopo una breve frequentazione, le propone di partire per la capitale francese, orchestra  per partire con lui mentendo a tutti.
Dopo pochi giorni a Parigi, scoppia la seconda guerra mondiale che era già nell’aria e così l’ingenua Ada si ritrova a rimboccarsi le maniche ed a lavorare per mantenersi assieme a Stanislaus che casualmente non ha più denaro o mezzi.
Anche a Parigi si instaura una certa routine, Stanislaus non è più il corteggiatore romantico dei primi tempi, a malapena sembra sopportare Ada eppure ella ne è ancora fermamente innamorata per cui lo segue fino in Belgio.
Lì, però, lui l’abbandona proprio alla vigilia dei bombardamenti e così Ada si ritrova presto prigioniera dei tedeschi finendo ad accudire anziani in un ospizio di Monaco.
Da qui Ada finisce a Dachau a fare la schiava nella casa di un comandante tedesco, allo stesso tempo fa la sarta per la signora e le sue amiche, da qui il titolo del romanzo. Rimarrà qui per anni, privata di cibo e sonno, sfruttata fino allo stremo fino alla liberazione da parte degli americani.
Si potrebbe pensare che qui finisca la storia e invece no, perché Ada ha delle questioni da risolvere prima di rientrare in patria, non vi dirò di più.
Riuscirà Ada a ritornare alla vita ed esaudire i suoi sogni? Lascio a voi scoprire il seguito del romanzo.

La storia non è divisa in capitoli, vi sono tre macro suddivisioni in base a luogo ed anno di inizio delle vicende, la prima è più lunga e finisce con la liberazione, le altre due sono ambientate a Londra  e riguardano delle fasi altrettanto importanti della vita di Ada.
Infine vi è una nota storica in cui si fanno precisazioni su luoghi, avvenimenti e personaggi citati, non si tratta di una storia vera in ogni caso.
A conclusione di tutto, poi, vi è una chiacchierata con l’autrice che ci rivela di aver attinto a sue due zie per il personaggio di Ada, l’omonima sognatrice libertina e la “santa” Violet. Il contesto storico ha poi fatto il resto nello sviluppo della storia.


Un libro duro, da far leggere soprattutto alle ragazze di oggi, perché gli “orchi” c’erano, ci sono e ci saranno e le giovani un po’ ingenue devono imparare a difendersi da questi personaggi, per quanto possibile.


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