10 gennaio, 2013

INTERVISTA A CINZIA VIGLIETTI AUTRICE DI "DIARIO DI BORDO"



Buondì. Ho di recente pubblicato qui sul blog Amiche scrittrici la recensione di “Diario di bordo”, libro scritto da Cinzia Viglietti a cui ho posto alcune domande inerenti al suo libro e alla sua esperienza con la terapia transgenerazionale. Di seguito potrete leggere le interessanti risposte.


In questa sede anticipo  che una copia del libro “Diario di bordo”, gentilmente offerta dall’autrice, sarà a giorni  disponibile per un giveaway qui sul nostro blog.
QUI la recensione


By Lisa
INTERVISTA:
         1)   Diario di bordo è una guida adatta a tutti, ma che nasce dalla tua esperienza sulla    terapia transgenerazionale.



Come e quando hai intrapreso la strada della terapia transgenerazionale?




Vorrei darti la risposta che mi viene di getto: l’ho chiesta e mi è arrivato! Credo che però in questo modo molte persone mi assocerebbero alla corrente new age estremista. Allora cerco brevemente di raccontare come ci sono arrivata. Innanzitutto la mia passione per la psicologia è nata con me, non ricordo un età in cui ho incominciato ad interessarmene, ricordo solo che da sempre ho letto e mi sono documentata in merito. Poi per problemi di salute mi sono trovata a trascorrere un periodo in ospedale in un reparto dove la maggior parte dei pazienti aveva sclerosi multipla, fibromialgia o sindromi che colpivano muscoli o nervi. Chiacchierando con le compagne di sventura o scoperto nei loro racconti alcune analogie. Era il lontano 1998. Da questo è nato il mio interesse e una forma di idea sul transgenerazionale, che ha preso forma solo molti anni dopo quando io per prima ho lavorato su me stessa per migliorare la mia condizione fisica.

Ho avuto la fortuna di incontrare un terapeuta molto particolare con il quale ho fatto le costellazioni familiari e ho interrotto alcune eredità transgenerazionali. Con lui ho incominciato anche il mio percorso di studi.


2)      Avevi provato altre strade da percorrere? Se sì, quali? E in che modo ti sono sembrate inefficaci rispetto alla transgenerazionale?

Sicuramente ho percorso altre strade, ma non sono inefficaci, tutte le strade sono utili se ci permettono di stare meglio, ci manca però sempre la comprensioni di alcuni meccanismi per cui ricadiamo in determinati errori o si ripetono delle sventure, benché a noi sembri di aver cambiato qualcosa. Attraverso il transgenerazionale abbiamo anche modo di comprendere gli archetipi familiari in cui siamo e pertanto possiamo migliorare il rapporto che abbiamo con le persone che ci circondano, sia all’interno della famiglia, che nei rapporti di lavoro o con gli amici.

La meditazione ci aiuta a rimandare un problema, ma lo lascia latente dentro di noi senza risolvere il conflitto alla radice. La ripetizione di un mantra può migliorare alcune mappe concettuali, ma a volte non è mirata per la mappa concettuale che stona in noi. La legge di attrazione esiste, ma solo se ho ripulito le mappe concettuali. Ti faccio alcuni esempi, ma ovviamente ne potrei fare molti altri, insomma tutto quello che rappresenta un percorso può aiutarci a stare meglio, però dobbiamo prima ripulirci perché sia veramente efficace.


3)      Illustri con estrema chiarezza le reazioni tipiche di chi è oppresso, scontento e a disagio. Reazioni che si riflettono inevitabilmente sugli altri, soprattutto su chi vive più vicino. Poi con l’esempio base della stessa situazione, dimostri come un comportamento diverso si rifletta non solo sugli altri, ma riesce persino a cambiare, a volte in modo radicale, la situazione stessa. Queste situazioni sono il frutto di esempi reali o le hai elaborate con attenzione al solo scopo di rendere più chiaro l’argomento?


Hai mai notato che nella vita ci sono persone che ascoltano e persone che parlano? Ebbene io sono dalla parte di quelle che ascoltano e soprattutto nell’ultimo anno, dopo che ho fatto i corsi su queste tecniche, le persone sentono la forza e mi si appoggiano sempre di più. Ho raccolto semplicemente cambiamenti frutto del mio percorso e delle persone che hanno fatto il corso con me. Poi ho visto le persone che ascoltavano i miei consigli migliorare la loro vita. Non ho dovuto inventare molto, ho usato pezzi di vita miei e delle persone che mi circondano o che hanno fatto parte per un attimo della mia vita.

4)      Ci sono casi che non hanno risposto adeguatamente alla terapia?


Normalmente chi non è pronto abbandona dopo la prima volta. Sono pochi, risolvono il primo problema, un dolore o uno stato d’animo e poi evitano di andare oltre… ma è giusto così, sono cose che si devono affrontare solo se si è pronti a farlo. Il fattore positivo è che puoi non fare molto ma sicuramente non puoi fare male, pertanto il vantaggio è questo, non si rischia di fare male a nessuno!

    

5)      Quando hai scritto Diario di bordo, che tipo di reazione da parte del lettore hai immaginato?    


Io credo che “Diario di bordo” sia solo un libro di partenza e non di arrivo. Volevo solo che il lettore si fermasse e alzasse la testa, imparasse a lasciarsi stare e a vedere un po’ le cose belle della propria vita. Molti argomenti infatti sono solo sfiorati, come il simbolismo dei sintomi, ma non volevo assolutamente che diventasse un trattato. Volevo solo scuotere emotivamente il lettore e spingerlo a comprendere un po’ di più i meccanismi limitativi della propria vita.


6)      Ho trovato molto interessante, quasi illuminante, la prima parte del libro e il modo in cui tratti l’attacco di panico dai tempi preistorici a quelli odierni. Nella preistoria, il protagonista “ascolta” il suo attacco di panico e addirittura lo usa per salvarsi. Nel tempo attuale invece lo sopprime come può, aiutandosi spesso con psicofarmaci. Pensi che il progresso abbia influito a ingigantire le nostre fobie, i nostri punti deboli?


Credo che l’uso sfrenato della razionalità ci privi della nostra capacità istintuale. Se pensiamo per un attimo che riconosciamo il mondo per simboli che attivano archetipi prima ancora di passare nel nostro cervello razionale, come possiamo pensare di sacrificare tutto ciò in nome della razionalità. L’equilibrio assoluto dovrebbe essere tra istinto, emozioni e razionalità. Infatti è lì che risiede il vero messaggio all’universo che viene realizzato!


7)      Il cambiamento inizia da noi. Lo ripeti nel tuo libro e per molti è una verità sconcertante. Per altri è semplicemente un’assurdità. Si tende a difendere il proprio stato, rifiutando il cambiamento. Pensi che il non voler cambiare sia una forma di insicurezza o di presunzione?


Innanzitutto il nostro cervello, come spiego nel libro, teme il cambiamento perché la novità lo spaventa. Poi purtroppo siamo educati alla causa /effetto Errore/punizione, pertanto diventa difficile accollarci le colpe di qualcosa. Poi subentra l’orgoglio. Ma soprattutto incide moltissimo il fatto che siamo così focalizzati su tutti i torti che subiamo e siamo così pieni di rabbia, che siamo cechi verso ogni altra strada che non sia quella di alimentare rabbia e ripassare mentalmente le recriminazioni.

La difficoltà maggiore è proprio interrompere questo meccanismo, poi il cambiamento è possibile e si alimenta da solo dai risultati che otteniamo e dalla serenità che incontriamo!


8)      Se una persona refrattaria al proprio cambiamento ti chiedesse un buon motivo per acquistare il tuo libro, che cosa risponderesti?


Le persone refrattarie al cambiamento lo sono soprattutto razionalmente ed è per questo motivo che io ho puntato molto sulle situazioni, perché bypasso la razionalità è raggiungo il lettore su un piano simbolico ed emotivo. E’ questo il motivo per cui lo stanno leggendo tutti senza rifiutarlo. Se avessi solo spiegato dei meccanismi e degli atteggiamenti, tutte le persone scettiche lo avrebbero rifiutato a priori. Siccome è impossibile non riconoscersi almeno in qualche situazione e non percepire il cambio di prospettiva a livello inconscio ancor prima che a livello razionale, non c’è persona refrattaria verso la possibilità di stare meglio.

Non resta che augurarti in bocca al lupo per “Diario di bordo” e grazie per la disponibilità.

Grazie a te e buon cambio di prospettiva a chi deciderà di leggere il mio libro!

10 commenti:

fenix ha detto...

Complimenti ad entrambe :)
Cinzia, mi chiedevo se fosse possibile approfittare di questo spazio, per approfondire alcune risposte date ad Annalisa...grazie

sibi17 ha detto...

Certo sono a disposizione e lo farei con molto piacere!

Lisa ha detto...

Che bella idea fare qui nei commenti altre domande all'autrice. Pubblicizzo su FB. ;-)

Unknown ha detto...

E' proprio un libro da leggere... e sfruttare al meglio!
Complimenti a tutte e due!

fenix ha detto...

Cinzia, grazie della disponibilità.
Al punto 2 - dici che hai percorso altre strade...mi è sembrato di capire, però, che certi percorsi "alternativi", tu li senta prettamente complementari.
Mi trovi d'accordo, infatti, quando parli dei limiti della meditazione, ad esempio.
In cosa invece, secondo la tua esperienza, si potrebbe accomunare la terapia tradizionale, a quella transgenerazionale?

E ancora...alla luce di tutte le considerazioni fatte finora, se dovessi dare una tua definizione di equilibrio, quale sarebbe?

sibi17 ha detto...

La psicologia ha già abbondantemente affrontato il discorso del transgenerazionale, ci sono molti studi in merito pubblicati da psicologi, neurologi e psichiatri. La psicologia trangenerazionale esiste e dunque molti terapeuti seguono anche questa tipologia di pensiero.
Non solo, per avvicinarsi alle costellazioni familiari, per comprenderle e non pensare che siano un fenomeno quasi paranormale, si affronta uno studio sugli archetipi, approfondendo gli studi di Jung, si sposa la teoria dell’inconscio collettivo di Jung, dunque non si può pensare di non accomunare la terapia tradizionale a quella transgenerazionale dal momento che l’origine del pensiero è comune. Io credo però che la costellazione familiare sia una tecnica molto più “breve” per arrivare da parte del “paziente” alla comprensione di alcuni meccanismi limitativi della propria vita.

sibi17 ha detto...

E ancora...alla luce di tutte le considerazioni fatte finora, se dovessi dare una tua definizione di equilibrio, quale sarebbe?

Innanzitutto io non credo che esista un equilibrio assoluto. Una persona secondo me potrebbe avere equilibri differenti a seconda di situazioni differenti. Il primo passo per essere in equilibrio pertanto è accettare che non debba essere un equilibrio stabile, ma possa essere variabile e quindi accettare anche il fatto di non essere sempre in grado di gestire ogni singola situazione e ogni singola emozione. L’accettazione di sé stessi quindi come fattore fondamentale di equilibrio.
L’equilibrio vero lo si può raggiungere poche volte nella vita ed è meraviglioso, è quello in cui il proprio cervello inconscio e il proprio cervello razionale sono assolutamente sulla stessa lunghezza d’onda e nel cuore si sente un amore particolare, le labbra ripetono “Grazie! Grazie!Grazie! ” e la gioia è così forte, che vorresti piangere e ridere contemporaneamente e forse lo stai facendo e vorresti urlare al mondo che Dio esiste, che l’amore esiste, che la vita è meravigliosa, mentre brividi di piacere percorrono il tuo corpo.
Difficile spiegarlo, ma chi l’ha provato sa di cosa parlo e sa che vorrebbe riprovarlo ancora!
Tutto il resto deve avvicinarsi il più possibile a questo, cercando di non perdersi per le vie inutili delle recriminazioni del passato e le paure del futuro, cercando di cogliere le piccole gioie di ogni singolo giorno restando “qui e adesso”.

fenix ha detto...

Innanzitutto io non credo che esista un equilibrio assoluto ...

"Vero, penso che l'immagine del funambolo, renda bene il concetto di equilibrio.
E per il resto mi viene da dire:staccarsi dal passato, proiettarsi nel futuro, ma vivendo il presente" :)

sibi17 ha detto...

Hai colto l'essenza...come sempre!

Unknown ha detto...

Buongiorno, sono Piera e ho il piacere di camminare con Cinzia da qualche anno.Con il lavoro fatto con lei ho raggiunto grandi obiettivi e sto rimettendo pace e amore nella mia famiglia.
Un abbraccio a Cinzia e buon viaggio a chi inizierà.
Ciao, Piera

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