01 dicembre, 2016

GENERAZIONI DI ISOLATI


 

Li vedi avanzare senza esitazione, come pronti a sfondare un muro. Poco importa se il muro sei tu che arrivi in direzione contraria. Loro non ti guardano. Non possono più farlo.

Li vedi seduti ed in piedi nei mezzi pubblici. Anche quando sono affollati, loro stanno rintanati nel loro piccolo spazio, senza lamentarsi, scomporsi. Il loro gesto è continuo. Non importa dove e quando. L’importante è ripeterlo. Non possono smettere di farlo. Non ci riescono.

Li vedi fermi in attesa, con il senso del tempo che sfugge loro via. Non guardano più l’orologio sul polso per sapere che ora è. Guardano via internet un’ora che non ha più lo stesso senso dello scandire il tempo. Forse non sanno neanche più cosa sia un time out.

Li vedi muovere le dita in un movimento continuo. Forse giocano, forse navigano in rete, forse sono su qualche network. Ogni loro azione viene compiuta con le dita. Anche un dialogo perde l’uso della parola e predilige la scrittura digitale. Si stanno lasciando portar via la voglia di parlare. Non sanno opporsi. Tra un po’ non sapranno neanche più cosa significhi realmente “opporre resistenza” e dire un “no!”.

Li vedi sedersi a tavola con il loro piccolo mondo frutto del progresso. A stento si accorgono di cosa mangiano. La loro attenzione è completamente catturata altrove, in un mondo in cui tutto è facile, basta scaricare un’app. Forse anche per riattivare il senso del gusto necessitano di un’applicazione… ehm… chiedo venia, di un’app.

Li vedi sempre più assenti. Per trovarli devi cercarli in un mondo virtuale, dove il senso del reale diventa sempre meno rilevante. Anche la loro personalità diventa virtuale. Un giorno li si potranno spegnere ed accendere come un tablet. A comando. E chi premerà quel tasto sarà fiero del lavoro compiuto, perché saprà di esser riuscito a creare una generazione di automi incapaci di relazionarsi, opporsi, protestare, scegliere, cercare, scoprire e, soprattutto, essere veramente se stessi.

Una generazione di isolati, resi inabili a vivere la vita, quella reale, dove quando cammini guardi dove metti i piedi, le vetrine, i volti delle persone, ascolti le parole, i toni, decidi da solo ciò che ti piace o meno e se dire sì o no.

Una vita dove la lamentela per qualcosa che non va si trasforma in protesta e poi in conquista.

Una vita dove osservi le lancette dell’orologio che scandiscono un ritmo, il ritmo del proprio tempo.

Una vita dove chi vuole detenere il controllo trova fiera resistenza e fa abbassare la testa a chi vuole dirci come vivere.

Una vita che ha gusto e ne riesci a sentire gli infiniti sapori, dal dolce all’amaro.

Una vita in cui scopri ciò che si sta perdendo: la meraviglia di staccarsi da una “macchina” per avere a che fare con persone vere, reali, che si possono toccare e guardare negli occhi.

Forse un giorno qualcuno di loro leggerà qualcosa di simile dal proprio dispositivo chiedendosi se esiste davvero questa vita reale. Forse quel giorno… li vedrai finalmente alzare la testa e guardare il mondo con lo stupore di un bambino.

Buone feste a tutti

By Lisa

 


16 ottobre, 2016

INFERNO (film) di Ron Howard


Ammetto di non aver ancora letto il libro, è lì in attesa, nell’infinita lista di libri che aspettano di essere letti. A differenza de; “Il codice da Vinci” e “Angeli e Demoni”, sono andata a vedere il film con solo una vaga idea di cosa avrei visto.
Il film inizia con il nostro famoso professore Robert Langdon, esperto in simbologia, in ospedale con un trauma cranico e con un amnesia temporanea. Con l’aiuto della dottoressa Sienna Brooks, ritroverà i ricordi e aiuterà a svelare un nuovo mistero, questa volta nascosto nell’opera più famosa di Dante. In una lotta contro il tempo, cercherà di fermare un’epidemia, un virus letale capace di decimare la popolazione mondiale. 
Tratto dall’omonimo best seller di Dan Brown, Inferno è girato in gran parte in Italia tra Firenze e Venezia. Tra codici e messaggi nascosti, spie, assassini, fughe inverosimili e corse a rotta di collo tra le vie di due splendide città, il tutto si svolge nell’arco di un giorno.
Il film, in generale, mi è piaciuto, ritmo molto più veloce rispetto ai precedenti film e davvero belle le riprese aeree sulle nostre città.
Non mi è piaciuto il finale rocambolesco, le classiche lotte all'ultimo minuto e non ho apprezzato alcuni luoghi comuni sugli italiani o le tipiche frasi “siamo in Italia”, come se in America fossero tutti santi e perfetti…

Stefy

05 ottobre, 2016

HARRY POTTER E LA MALEDIZIONE DELL'EREDE di J.K. Rowling

di; Rowling J. K.; Tiffany John; Thorne Jack
pag  368

È sempre stato difficile essere Harry Potter e non è molto più facile ora che è un impiegato del Ministero della Magia oberato di lavoro, marito e padre di tre figli in età scolare. Mentre Harry Potter fa i conti con un passato che si rifiuta di rimanere tale, il secondogenito Albus deve lottare con il peso dell'eredità famigliare che non ha mai voluto. Il passato e il presente si fondono minacciosamente e padre e figlio apprendono una scomoda verità: talvolta l'oscurità proviene da luoghi inaspettati. 

 ***

Dopo nove anni dall’ultimo libro della serie fantasy più famosa del mondo, torniamo a Hogwarts.
Per prima cosa, dopo aver letto in giro per il web, molti commenti di lettori delusi, voglio dire che questo libro NON è un romanzo. Harry Potter e la maledizione dell’erede è un’opera teatrale, il libro è la sceneggiatura. C’è scritto anche sulla copertina, quindi basta lamentele, in molti hanno comprato il libro pensando di leggere un romanzo, invece ci sono solo i dialoghi. Anch’io all’inizio non ero entusiasta né convinta da questo libro diviso in atti e in tempi ma la storia mi è piaciuta.


La storia inizia al binario 9 e ¾, diciannove anni dopo la sconfitta di Voldemort, dove ritroviamo Harry, Ron, Hermione e Ginny ormai adulti e genitori che accompagno i figli a prendere il treno in partenza per Hogwarts.
Harry ormai trentasettenne, è un funzionario del ministero, Hermione è diventata primo ministro, Ron gestisce un negozio di scherzi e Ginny è una giornalista sportiva, ma il protagonista di questa storia è Albus, il secondo figlio di Harry, che già durante il primo giorno di scuola, capiamo che è l’esatto opposto del suo genitore famoso. Tra un salto nel tempo all’altro, passiamo dal primo anno scolastico di Albus, fino al quarto. Il ragazzo sempre in conflitto con il padre, a scuola trova un grande amico in Scorpius, figlio di Draco (Malfoy, nemico di Harry in tutti i sette libri) anche quest’ultimo, per niente simile al padre, aiuterà Albus a “ritornare sulla retta via”.
Quello che non mi è piaciuto in questo libro sono i nomi di alcuni personaggi, come nella nuova edizione della serie di Harry Potter, sono stati usati i nomi originali, quando per sette libri (e otto film) eravamo abituati, ad esempio, alla professoressa McGranit e non McGonagall…
Libro divorato in un pomeriggio piovoso, spero che un giorno, la Rowling, trasformi questa ottava storia in un romanzo.

Stefy

22 settembre, 2016

NON AVEVO CAPITO NIENTE di Diego De silva







Trama:

Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome, come fossero persone di famiglia. È stato appena lasciato dalla moglie, ma cerca con ogni mezzo di mantenere un legame con lei e i due figli adolescenti. Un giorno viene improvvisamente nominato difensore d'ufficio di un becchino di camorra detto "Mimmo 'o burzone" e, arrugginito com'è, deve ripassarsi il Bignami di diritto. Ma ce la fa, e questo è solo il primo dei piccoli miracoli che gli capitano. Il secondo si chiama Alessandra: la pm più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero. E intanto Vincenzo riflette sull'amore, la vita, la delinquenza, la musica: su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, di deriva in deriva.
 
Immaginate uno sfigato.
No, non quelli che si comportano da sfigati, ma quelli che lo sono davvero, forse per scherzo del destino. Un "Paperino"  della vita reale.
Immaginate che alla sfiga questo sfigato non solo sorrida con sarcasmo, ma riesca anche a strapparle tanti di quei sorrisi, da renderla più clemente.
Immaginate un modo di vivere la vita che riesca a renderla divertente anche quando non lo è.
Immaginate la lamentela che diventa ironia, sarcasmo e soprattutto azione e reazione, invece che autocommiserazione.
Aggiungeteci delle situazioni così paradossalmente assurde che riscontrarle nella vita reale vi sembrerà impossibile. Eppure accadono. Eccome se accadono...
E poi spolverate il tutto con una filosofia di vita "pratica".
Ecco a voi la ricetta ideale per leggere un libro tutto di un fiato, sorridere e "vivere" le scene come se foste voi i protagonisti.
Diego De Silva da vita  ad un personaggio di fantasia che non solo sarà impossibile non amare, ma sentirete reale più che mai.
Un motivo in più per leggere questo romanzo?
Pesco un paio di citazioni dell'avvocato Malinconico: "Dicono che la felicità si trova nelle piccole cose. Sapeste l'infelicità."
"Mi succede sempre così, a me, coi problemi. Da lontano, mi fanno fare un sacco di discorsi complicati. Quando poi ci vediamo, troviamo sempre il modo di metterci d'accordo."
Da non perdere anche il seguito: "Mia suocera beve" dove sarà possibile fare la conoscenza dell'ex suocera dell'avvocato Malinconico, quella che ognuno di noi vorrebbe avere.
 
Buona lettura
by Lisa


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